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Genesi e filosofia del Sarkozysmo
Gli intelletuali e la Rupture col Sessantotto
di Simona Bonfante



(pagina 2)

... apace di dire cose non ovvie, profonde, razionalmente stimolanti.

Ecco allora che le conferenze tematiche, organizzate già a pochi mesi dall'insediamento di Sarko al vertice dell'Ump, diverranno presto l'architrave del laboratorio di idee che rivoluzionerà il partito, il suo bagaglio filosofico, le sue prospettive elettorali. 

È questo, in sostanza, il sarkozismo: “una concezione molto tradizionale e molto nobile della politica” ed un forte senso della missione. “Nicolas Sarkozy – per dirla ancora con la Mignon – ha un'idea molto alta della politica.” È l'idea che la politica abbia il compito di “inventare il futuro che si augura ai propri concittadini…e credo che in questo senso Sarko possa ben essere definito un uomo politico.” 

Per Sarkozy, spiega ancora la Mignon, “un uomo politico è un uomo che ha una visione, un ideale, e che è convinto che realizzare quel ideale non sia soltanto una sua facoltà, ma il suo preciso dovere.”

Il compito che Sarkozy decide di assumersi va dunque aldilà del rinnovamento della piattaforma programmatica del vecchio Ump, va piuttosto all'obbiettivo di ricostruire il tessuto connettivo tra politica e società.

Per farlo, Sarko sa bene che non avrebbe certo senso ignorare i cambiamenti nel modo in cui la politica entra nelle case della gente, nel modo stesso in cui la politica, attraverso i partiti, entra in relazione con le persone. Non si tratta, cioè, di negare il ruolo della comunicazione di massa, della spettacolarizzazione del dibattito pubblico, dei sondaggi cui le scelte politiche sembrano talvolta essere inevitabile conseguenza. Non si tratta di negare cause ed effetti della spin-politics, ovvero del corto-circuito tra poteri mediatico e politico, che rende la politica spesso effimera, emotiva.

Sarkozy, in fondo, è lui stesso un grande manovratore dei media ma certamente non un succube della patologia sondaggista.  “È vero che è molto attento ai sondaggi – conviene il “cervello esecutivo” del rinnovamento della destra francese - ma non ha mai sposato un'idea solo per assecondare le opinioni. I sondaggi – spiega, infatti, la Mignon – ci servono per capire cosa pensa la gente, non a decidere la strategia.”

L'innovazione che Sarkozy ha inteso avviare, insomma, non avrebbe potuto realizzarsi semplicemente rifacendo l'immagine ai vecchi think tank, ma solo “aprendo una fase di riflessione e di elaborazione all'interno dei partiti politici.” È in tal senso che, secondo la Mignon, il lavoro degli intellettuali è stato cruciale, ma non per questo esaustivo. È necessario – spiega ancora il Capo di Gabinetto del Presidente della Repubblica – che il loro sia un impegno continuo, che accompagni il lavoro dei ministeri, perché “è là che c'è il vero potere.” 

Non si ha certo difficoltà, tuttavia, a riconoscere il nodo problematico nel rapporto tra potere e idea. “L'intellettuale – osserva la Mignon - è sempre uno “scocciatore”, è quello che riporta l'azione ai suoi principi, ai suoi obbiettivi, che critica le scorciatoie e che si trova in uno stato di sfasamento permanente rispetto sia ai tempi dell'azione politica sia ai ritmi dei media.”

E questo spaventa la politica debole, la politica che non ha fondamento nelle idee ma, appunto, nell'effimero consenso del “pubblico”.  

Se non si ha timore delle idee, se non si ha timore di sottoporle a critiche perché convinti delle proprie argomentazioni, allora non si ha timore del pensiero libero e vitale, ma al contrario lo si sollecita.

È proprio qui che, secondo la Mignon, sta la differenza tra “tecnocrati” e “intellettuali”. Il tecnocrate è l'esperto completamente appiattito sul pensiero unico, incapace di elaborare alcunché di innovativo. Un conservatore per definizione. L'intellettuale, al contrario, non teme il cambiamento, né le nuove sfide. 

Inutile sottolineare che, nel progetto-Sarkozy - che sorge proprio dalle ceneri del pensiero unico - non vi fosse posto per i tecnocrati.

Sarkozy ha piuttosto inteso coinvolgere pensatori di estrazione culturale diversa, che fossero tuttavia capaci di offrire un punto di vista competente e profondo sulle diverse questioni. Non si è limitato a chiedere un parere agli “esperti” di una data materia, o lusingare l'ego degli intellettuali di area, ma di accogliere gli interrogativi filosofici più insidiosi, i moniti più acuti lanciati dalle scienze sociali, e fare una sintesi tra i diversi punti di vista.

È così che l'Ump si è rigenerato. Non in virtù di un'alchimia numerica, ma attraverso una sintesi tra le diverse istanze della destra francese – liberale e repubblicana, gaullista-sociale e nazionalista. Si è trattato di elaborare una nuova codificazione ideale, un processo di analisi e sintesi che avesse il coraggio di “saccheggiare” nel patrimonio culturale altrui, valorizzare il proprio, e liberare la creatività dell'intelligenza politica francese.

Ora, è ben vero che di idee nel mondo se ne producono tante, il problema tuttavia si pone quando la politica non ha il coraggio di nutrirle al punto da trasformarle in azione. 

È un rapporto sottile, infatti, quello che lega idea e azione; un rapporto complesso, quello tra intellettuali e politica. Fare a meno della riflessione intellettuale significa condannare la politica all'implosione ideale. Promuovere la riflessione libera, tuttavia, significa fare delle idee il vero terreno di confronto politico. Significa cioè restituire alla politica la res...



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