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AROUND THE WORLD, THE CAMPAIGN AT HOME
In tutto il mondo le elezioni Usa sentite come a casa propria
di Francesca Morandi



(pagina 2)

... maggior parte degli israeliani ha concluso che la Clinton sarebbe il miglior presidente americano, secondo un calcolo che include anche la familiarità con la quale è guardato il marito di Hillary».

Un forte interesse verso le elezioni americane si registra in Senegal, Stato della parte occidentale dell’Africa, «dove è profonda l’avversione nei confronti di Bush e la speranza che il nuovo presidente sia più aperto nei confronti dell’immigrazione e meno ostile all’Islam».

Il tema dell’immigrazione è “caldo” anche in un Paese vicino agli Usa, il Messico, dove l’attenzione è rivolta all’atteggiamento dei candidati su questo argomento e all’economia americana, alla quale il Paese centro-americano è strettamente legato.  

L’ex ministro degli Esteri messicano Jorge Castaeda, interpellato dal International Herald Tribune, sostiene inoltre che «la vittoria di Obama cambierebbe immediatamente l’immagine degli Stati Uniti nel mondo, in particolare nei Paesi in via di sviluppo». A conferma di ciò c’è il grande l’interesse suscitato in America Latina dalla possibilità che un afro-americano ottenga la presidenza statunitense. Scetticismo al riguardo è diffuso a Cuba, evidenza l’IHT, che ha sempre guardato all’America come «un Paese lacerato dal razzismo».

Curiosità verso Obama è anche presente in Brasile dove molti cittadini hanno origini africane, mentre in Venezuela il sentimento comune, sia tra i sostenitori che tra gli oppositori al presidente Hugo Chavez, è l’auspicio che finisca l’era di Bush. Tuttavia spiega Manuel Sutherland, economista di un’associazione vicina a Chavez, «nessun candidato cambierà drasticamente le relazioni tra il Venezuela e gli Stati Uniti».

Minore partecipazione alle presidenziali americani si rileva in Asia, sebbene sia diffusa la consapevolezza che «le decisioni del nuovo presidente condizioneranno Paesi come l’Indonesia», afferma Bonar Tidor, indonesiano e attivista dei diritti umani.

 Oltre ai candidati, a fare notizia è anche la democrazia americana, con i suoi strumenti popolari quali le primarie e i caucus, e con l’immagine dei candidati alla presidenza che conducono le loro campagne elettorali tra la gente, facendosi riprendere in abiti informali e situazioni genuinamente americane.  «E’ rinfrescante osservare che una grande democrazia funziona nei suoi livelli basilari – afferma Lord McNally, leader dei Liberali democratici nella Camera dei Lord britannica – Nonostante i soldi, la pubblicità, il potere della televisione, la persona che vuole essere l’uomo o la donna più potente del mondo si deve ancora “abbassare” e andare a parlare nelle aule dei comuni di piccole cittadine, fermarsi a parlare con la gente per la strada o fare comizi da un palco improvvisato in mezzo a una piazza». Al di là delle contraddizioni che caratterizzano l’America e le sue politiche, è innegabile che essa rappresenta in questo senso un modello di democrazia al quale guardare.  


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