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IL SUPER TUESDAY
Il giorno più importante nella Storia delle primarie americane
di Fabio Lucchini



(pagina 2)

... iscano dopo Martedì.
Hillary Clinton è favorita?
Se è vero che la Clinton è considerata in leggero vantaggio su Obama, è importante notare come in diversi Stati i suoi consensi siano al di sotto del 50%, fatto che la rende parecchio vulnerabile. Spesso gli indecisi scompaginano i piani dei favoriti, e vi è una diffusa convinzione che molti possano schierarsi con Obama all'ultimo momento. Tuttavia, molti credevano che nel Novembre 2004 gli indecisi avrebbero premiato John Kerry…
Ci sarà un vincitore fra i democratici?
Nel caso dovessero verificarsi diversi testa a testa, considerando il diffuso utilizzo del metodo proporzionale nell'assegnazione dei delegati, la determinazione di un vincitore del Super Tuesday potrebbe rivelarsi controversa. Se Martedì notte i due candidati democrats fossero separati da più di cento delegati, sarebbe plausibile dichiarare un vincitore, ma un simile scenario difficilmente si concretizzerà. Nel conteggio non sono ricompresi i super delegati, per ora fedeli alla Clinton. Una cosa si può forse prevedere. Il ritiro di Edwards apporterà più benefici, e voti, ad Obama nei grandi Stati liberal (California, New York e New Jersey) di quanti ne conferirà alla Clinton nel Sud.
In quanti Stati John McCain supererà la barriera del 50%?
Non è una domanda oziosa. In alcuni Stati (Alabama, Georgia, Missouri, Oklahoma e Tennessee) il senatore dell'Arizona non avrebbe alcuna speranza di competere contro un singolo candidato conservatore. La presenza di Huckabee lo agevola in questo senso. Ma c'è il rovescio della medaglia. Quanti delegati conquisterà l'ex governatore dell'Arkansas?  Potrebbero essere i delegati necessari a McCain per ottenere la nomination. In quel caso, Mac dovrebbe ascoltare attentamente ciò che Huckabee avrà da dirgli.
Qualcuno dei candidati rimasti perderà a casa propria?
New York (Clinton), Illinois (Obama), Arizona (McCain), Massachusetts (Romney) ed Arkansas (Huckabee) schierano i loro candidati. McCain va all'assalto del Massachusetts, dove nel 2000 ha vinto, per infliggere un colpo mortale a Romney, mentre è interessante notare come Obama abbia ottime chances di ottenere a New York un risultato migliore rispetto alla Clinton in Illinois. In termini di delegati sarebbe un affare per il giovane senatore.
Cosa dirà McCain nel suo victory speech?
Nell'eventuale discorso d'incoronazione anticipata alla nomination repubblicana di Martedì notte, cosa dirà John McCain? Tenterà di indorare la pillola all'ala destra del Partito sconfitta, ribadendo la sua appartenenza al campo conservatore o accentuerà la sua naturale tendenza centrista, ammiccando all'elettorato democrat e indipendente?
Dipenderà molto dallo stato dell'arte in casa democratica. Una Clinton che uscisse vittoriosa dal Super Tuesday darebbe un certo agio a Mac nel ricompattare il Partito per la sfida finale ai come back kids. In caso di equilibrio tra i democratici, il senatore dell'Arizona, una volta liberatosi di Romney, potrebbe intromettersi nella campagna per tentare di influenzare la scelta dell'avversario a lui più congeniale.

LA FORZA DEL MESSAGGIO DI OBAMA
Quest'anno i democratici non si stanno dividendo sulle scelte programmatiche proposte dai due candidati rimasti. Altri fattori contano di più. Barack Obama non si è limitato a fare appello ai sentimenti, alle emozioni e all'entusiasmo suscitati dalla sua carismatica personalità, ma ha inserito nella campagna una rinnovata visione politica e filosofica volta a liberare il Partito Democratico dai luoghi comuni che lo hanno indebolito in passato. Obama non si è scagliato contro il nemico numero uno, l'amministrazione Bush, non ha criticato l'iniquità delle politiche economiche repubblicane e non ha rispolverato la trita tematica della presunta superiorità moral-intellettuale dei democrats. Si è impegnato invece a ricucire e a conciliare. Ha richiamato al voto nuovi elettori ed ha scompaginato le categorie, vecchie di quarant'anni, della teoria politica del progressismo americano. Ha parlato in Stati storicamente repubblicani, ha raccolto consensi anche tra le file del Grand Old Party, si opposto apertamente non solo al bushismo ma anche al clintonismo in nome del rinnovamento.
Un tentativo di superare le divisioni fra destra e sinistra, fra bianchi e neri, fra religiosi e seculars. Certo, un'opera immane, che in altre epoche avrebbe rischiato di essere tacciata di qualunquismo ma che in questa fase intercetta il sentire comune di molti americani. Certo, molti sostenitori del senatore dell'Illinois ammettono candidamente che la Clinton stia mostrando una superiore conoscenza dei problemi concreti che un presidente deve essere in grado di affrontare e risolvere. Obama rimane spesso nel vago quando si tratta di illustrare programmi concreti, soprattutto quando si parla di sanità universale, cavallo di battaglia storico dei democratici. Vi è tuttavia la crescente sensazione che Hillary Clinton stia offrendo esperienza, competenza ed efficienza ad un Paese che necessita invece dell'ispirazione necessaria per credere ancora nel proprio futuro.


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