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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA-12 maggio

di Critica Sociale



(pagina 2)

... ri all'anno e con una valuta in costante caduta, qualsiasi altro governo sarebbe costretto a tagliare le spese e ad alzare il tasso d'interesse nel tentativo di attrarre investimenti. Ma stiamo parlando di un Paese che ha usufruito per oltre un cinquantennio di uno status privilegiato nell'economia internazionale, grazie al ruolo dominante del dollaro, la moneta utilizzata nella gran parte delle transazioni internazionali e la valuta di riserva scelta da moltissimi Stati. Ora, però, la leadership globale del “biglietto verde” è seriamente messa in discussione.

EL MUNDO
Serbia mira a la UE y da su apoyo al Partido Democrático del presidente Boris Tadic
Fatima Ruiz

Sorpresa nelle elezioni parlamentari serbe. Nonostante le previsioni nefaste della vigilia, il Partito filo-europista del presidente Boris Tadic ha respinto l'assalto dei nazionalisti. La vittoria si sta configurando netta, con circa otto punti percentuali di differenza, benché il Partito del presidente non abbia raggiunto la maggioranza assoluta. Nonostante la traumatica perdita del Kosovo, i serbi non hanno voltato le spalle all'Europa ed hanno resistito alle sirene di Mosca, sconfitta indiretta della consultazione, così come era avvenuto tre mesi fa in occasione delle presidenziali vinte da Tadic. Il lavoro del nuovo governo non sarà tuttavia facile, considerando la stretta maggioranza parlamentare su cui potrà far conto.

FOREIGN POLICY
Think Again: Israel
Gershom Gorenberg

I sessant'anni di Israele sono un'ottima occasione per sfatare molti dei miti che lo circondano. “Israele ha creato una democrazia forte e stabile?” Certo. In condizioni non facili, lo Stato ebraico ha edificato un sistema istituzionale funzionante ed è diventato la principale potenza del Medio Oriente. “Israele è uno Stato ebraico?.” Sì, ma attenzione all'uso delle parole. Il sionismo è un'ideologia laica e ha voluto creare un focolare nazionale, e non teocratico, per il popolo ebraico. Lo spirito secolare connota la maggioranza degli israeliani. “Israele nacque grazie all'Olocausto?” Niente di più falso. Israele nacque nonostante la terribile prova della Shoa. “L'esistenza di Israele è a rischio?” Non più. Lo è stata in passato, ma nessuno dei suoi nemici può credere realisticamente ad un Medio Oriente senza Israele. “Un Iran nucleare tenterebbe di infliggere un colpo mortale ad Israele?” No. Gli ayatollah hanno sempre dimostrato di agire con razionalità, aldilà delle dichiarazioni eclatanti. “Hamas persegue la distruzione di Israele?” Nei sogni dei suoi dirigenti e militanti, ma di sogni appunto si tratta. “La lobby israeliana influenza la politica Usa?” Pochissimo e mai in modo decisivo, come una miriade di episodi, recenti e non, sta a dimostrare.

LE MONDE
Malédictions libanaises

Attraverso Hezbollah, la Siria fa tutto il possibile per destabilizzare il governo e la maggioranza parlamentare a Beirut. Obiettivo: dimostrare che il Libano non può fare a meno della Siria. Da parte sua, l'Iran vuole consolidarsi nel ruolo di nuova potenza regionale. La Repubblica islamica ha creato Hezbollah, lo inspira, lo appoggia, lo finanzia e, soprattutto, lo arma per colpire Israele. A questo, si aggiunge l'irresponsabilità di una classe politica libanese che coltiva le divisioni. L'ultimo anello di questa tragica catena, è la prospettiva di una nuova guerra civile.

HAARETZ
Israel on alert despite playing down fears of war with Hezbollah
Yoav Stern e Barak Avid


Le autorità militari israeliane smentiscono i preparativi per un'imminente azione militare contro Hezbollah, ma non nascondono le proprie inquietudini per quanto sta accadendo in Libano. Durante il weekend il gruppo islamista ha preso il controllo della parte occidentale di Beirut e si e scontrato con le forze filo-governative. I combattimenti hanno lasciato sul terreno una cinquantina di vittime. Israele segue ovviamente con preoccupazione le vicende del Libano, nel timore che i miliziani sciiti di Hezbollah riescano a rafforzare ulteriormente la loro posizione nel disgregato scenario politico del Paese dei cedri. Gli israeliani temono sia azioni ostili lungo il confine, sia una maggiore ingerenza iraniana nell'area.

THE NEW YORK TIMES
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