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L’AMERICA TEME LA RECESSIONE, NON IL RITORNO DELLO STATO
McCain accusa Obama di voler snaturare l’essenza del sistema americano, favorendo un rinnovato interventismo statale. Ma, in tempi di crisi, è forse quello che gli elettori vogliono




(pagina 4)

... ultime settimane. Un'incoerenza che non ha certo contribuito ad invertire il trend negativo per il Partito di governo, determinato principalmente dal peggioramento della situazione economica.

L'onda lunga della crisi raggiunge anche la campagna per il rinnovo parziale del Congresso. Nel comitato nazionale del Partito Democratico qualcuno sogna addirittura di raggiungere una maggioranza di 60 a 40 in Senato dopo il voto del 4 novembre. Una simile ripartizione permetterebbe di controllare solidamente la Camera alta per i prossimi anni. Per quanto riguarda la Camera dei Rappresentanti il margine di vantaggio dei Democrat potrebbe superare i sessanta deputati dopo la tornata elettorale novembrina.  In campo conservatore le reazioni al pesante arretramento che si prospetta variano dalla rassegnazione alla combattività, sentimenti mirabilmente intercettati, rispettivamente, dagli editoriali di Nolan Finley, Detroit News, e di Karl Rove, Wall Street Journal. Denver, Michigan, città simbolo dell'industria dell'automobile, colpita al cuore dal rallentamento dell'economia americana, è un osservatorio ideale per analizzare le dinamiche che possono condizionare il votodi quest'anno. Il Michigan è tradizionalmente uno swing states, ma la campagna di McCain l'ha gia abbandonato considerandolo irrecuperabile. Dalle colonne del quotidiano locale, Finley delinea le ragioni dello spostamento di consensi e lega le dinamiche elettorali ad una svolta epocale nel sentire profondo degli americani. Quest'anno la campagna elettorale si è giocata molto sullo scontro di classe, sul richiamo alle responsabilità dei Ceo, dei manager, nell'aver amplificato gli effetti della crisi con le loro pratiche azzardate e di aver sottratto denaro e risorse alle tasche dei cittadini, costretti a ripianare gli ammanchi sciaguratamente prodotti per evitare il crollo del sistema. La lotta di classe è una categoria estranea alla mentalità americana e quindi perdente come argomento politico, ma stavolta le cose stanno andando diversamente in ragione della delicata contingenza economica. Tutto ciò, si rammarica Finley, favorisce la visione interventista e statalista dei Democrat e di Obama che, controllando agevolmente il governo del Paese, potrebbero mettere in atto misure redistributive tali da snaturare il carattere americano. Quel carattere indipendente e libero che ha permesso a molti in passato di migliorare la propria condizione materiale e di realizzarsi nella vita, grazie alla propria ambizione e tenacia e non certo al sostegno di uno Stato benevolo ma invadente. L'America di Obama invece si avvierebbe verso un modello sociale di stampo europeo, che molti negli States considerano addirittura socialista, caratterizzato da elevata tassazione, scarsi incentivi alla produttività ed incoraggiamento al lassismo. Ben altro atteggiamento traspare dall'editoriale di Rove sul Wall Street Journal. La fama di oracolo che accompagna l'ex consulente di Bush conferisce grande credito alle sue analisi, che nel corso dell'intera campagna presidenziale hanno mantenuto un ben preciso comun denominatore: contestare, dati e precedenti storici alla mano, la fatalità della vittoria Democratica. E' vero, ammette Rove, Obama è in vantaggio è sta spendendo cifre astronomiche in spot pubblicitari. McCain non può competere su questo punto. Il suo avversario, ed il suo staff, hanno dimostrato di essere autentiche macchine da soldi, al punto di permettersi di poter rinunciare al finanziamento pubblico per la campagna elettorale. Nonostante ciò nel solo mese di ottobre sono stati in grado di raccogliere oltre 150 milioni di dollari, investiti principalmente nell'acquisto di spazi televisivi. Gli elettori degli swing states verranno bombardati dagli annunci del candidato Democratico da qui al 4 novembre, così come l'audience nazionale. Ma non è detto che basti a convincere il 45% di americani che ancora non ritengono Obama idoneo per la presidenza. E che dire degli indecisi, ancora numerosi? Per quanto si sforzi, continua Rove, il senatore dell'Illinois non convince ancora del tutto molti elettori indipendenti ed è su questo punto che McCain deve lavorare, facendo conto sul fatto che il Paese, per struttura e mentalità, rimane tendenzialmente orientato verso il centro-destra dello schieramento politico. Obama, per quanto si sforzi di apparire centrista, ha invece un ruolino senatoriale da uomo di sinistra.  Se gli elettori degli Stati Repubblicani in procinto di cambiare campo se ne accorgessero per tempo potremmo assistere alla più clamorosa rimonta dai tempi di Henry Truman. 


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