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I NUOVI COLLOQUI DI PACE
foto La tesi dello storico Benny Morris
"I PALESTINESI DA SEMPRE
CONTRARI AI DUE STATI"


Riprendono i colloqui diretti tra israeliani e palestinesi, con la mediazione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, dopo il mancato successo (per un soffio) alla fine degli anni '90 di una analoga iniziativa patrocinata dall'allora presidente Bill Clinton, con Arafat e l'ex premier israeliano Barak. L'obiettivo sul tappeto è, come noto, quello di giungere a un accordo di pace che preveda il riconoscimento reciproco dei due popoli, dei loro rispettivi Stati. Lo storico Benny Morris, nel suo volume "Uno Stato, Due Stati" ha ricostruito l'evoluzione che, sul versante sionista e su quello arabo-palestinese, le ipotesi di "un solo Stato" e di "due popoli, due Stati" hanno subito nel corso di un secolo. Per Israele, l'ipotesi iniziale della Palestina quale Terra unica di Israele data da Dio agli ebrei è mutata in un più realistico compromesso con il problema del nazionalismo palestinese. La decisione di avere un proprio Stato, secondo lo storico, sorge dopo l'Olocausto a causa delle porte chiuse trovate dagli ebrei nelle nazioni europee. Dal canto loro, i palestinesi, dopo la prima risoluzione delle nazioni Unite che collegava la soluzione della diaspora araba alla Giordania - è la tesi di Morris - non hanno mai voluto prendere sul serio l'ipotesi di due Stati distinti, ma hanno sempre pensato a un unico Stato, in un primo tempo attraverso la liquidazione dello stato ebraico e, successivamente, mediante il "ritorno", ovvero la concessione della cittadinanza da parte di Israele ai palestinesi dell'esodo, nei territori occupati e con una autonomia amministrativa. Un'opzione che è rimasta in piedi anche quando, a cavallo degli ‘80-90, Arafat decide la svolta della rinuncia al terrorismo - tra violente polemiche interne - e sceglie la via del negoziato per i due Stati. Ma, a differenza dell'evoluzione sionista, nel nazionalismo palestinese l'ipotesi di uno Stato contiguo e distinto da Israele non ha mai messo salde radici. Ha messo radici, viceversa, Hamas.


Intanto si riaccende il dibattito interno: due Stati o ipotesi bi-nazionale?
SCETTICISMO IN ISRAELE SUI COLLOQUI DIRETTI

Critica Sociale, agosto 2010,

Barack Obama ha riportato Benjamin Netanyahu al tavolo con i palestinesi. Ma sarà vera gloria? L'obiettivo dei negoziati, che cominciano il 2 settembre, è giungere a un accordo per la nascita di uno Stato palestinese entro un anno. Ma la prima vera scadenza è quella del 26 settembre, quando terminerà la moratoria del governo israeliano sui nuovi insediamenti in Cisgiordania. Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, insiste sul fatto che la moratoria sarà decisiva per il futuro della trattativa, trovando un sostegno, seppur parziale, da parte di Obama, contrario sì alle precondizioni palestinesi ma anche ai nuovi insediamenti israeliani. In effetti, la decisione, presa in primavera dal governo israeliano, di costruire nuove abitazioni a Gerusalemme Est ha irrigidito la postura dell'amministrazione Usa verso Israele, nonostante il più recente disgelo. La situazione attuale non è comunque confortevole per Netanyahu, in quanto diversi esponenti del suo partito (il Likud) e i nazionalisti di Yisrael Beiteinu, guidati dal ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, guardano con sospetto al nuovo, imminente, round negoziale. Non sembra un caso che il sindacato dei diplomatici abbia ordinato ai dipendenti dell'ambasciata di Washington di non collaborare il 2 settembre alla visita americana del premier per imbastire i negoziati. Che Lieberman ne sappia qualcosa?


L'esempio di una Palestina democratica destabilizzerebbe le loro società
IL DOPPIO GIOCO DEGLI ARABI

Edgar M. Bronfman, Huffington Post, agosto 2010,

La nuova diplomazia del presidente Obama in Medio Oriente, che enfatizza il dialogo e il negoziato, richiede che egli e il resto della comunità internazionale non guardino solo a Israele e ai palestinesi, ma anche al mondo arabo nel suo insieme. Come il presidente americano ha detto nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel, "La convinzione che la pace sia desiderabile è raramente sufficiente per ottenerla. La pace richiede responsabilità." In questo momento, il mondo deve chiedersi non solo perché gli arabi non si stiano assumendo le loro responsabilità, ma anche perché (da quello che le loro azioni suggeriscono) essi stiano facendo il doppio gioco - auspicando a parole uno Stato palestinese, ma operando concretamente per ostacolarne la nascita.


Il nuovo numero della Rivista
CRITICA SOCIALE, NUMERO 5/2010

Il nuovo numero della Critica Sociale riserva una particolare attenzione alle conseguenze strategiche e diplomatiche dell'incidente della Freedom Flottilla. L'episodio sembra infatti aver scavato un solco tra due vecchi alleati come Turchia e Israele e potrebbe avere serie ripercussioni sui futuri assetti mediorientali. Il mondo occidentale attende con preoccupazione gli sviluppi della vicenda, che potrebbe privarlo dell'apporto dello strategico asse turco-israeliano nella regione.
Nel frattempo, cresce l'attivismo economico e strategico della Germania. L'avvicinamento tedesco alla Russia rischia di minare la compattezza dell'Ue e della Nato. Inoltre, Berlino sembra ignorare che il futuro dell'economia globale sia sempre più nelle mani dei ceti medi dei paesi emergenti e dei loro consumi. Con la sua politica economica timida e austera, la Germania rischia invece di condannare l'Europa alla stagnazione e alla marginalità.

Vedi il sommario del Numero 5


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CRITICA SOCIALE
Rivista fondata nel 1891 da Filippo Turati
Alto Patronato della Presidenza della Repubblica

Direttore responsabile: Stefano Carluccio

Reg. Tribunale di Milano n. 646 del 8 ottobre 1948
edizione online al n. 537 del 15 ottobre 1994

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