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Risposte alla crisi. Localismo vs regionalismo
foto Lo Stato nazionale è in declino, ma l'isolamento non serve
UNA POLITICA CHE
PENSI IN GRANDE


La sventata crisi del debito negli Usa non ha impedito lo scioccante abbassamento del rating statunitense da parte di Standard&Poor's. Un altro segnale di ciò che Bobby Butcher segnalava pochi giorni or sono dalle colonne di Prospect: "Gli Stati nazione si stanno confrontando con forze globali che vanno oltre le loro capacità individuali di controllo." La tipica reazione in un momento come questo rimanda all'arroccamento interno che si articola in nazionalismo, protezionismo e parrocchialismo. Tutti elementi che Butcher ritrova nel movimento del Blue Labour (e nelle idee del suo teorico, Maurice Glasman), che predica il recupero dei vecchi valori municipali e locali per contrastare i danni prodotti dall'iniqua finanza globale. Una suggestione degna di approfondimento, ma che non coglie l'essenza dei travagli che l'economia internazionale sta vivendo. Davanti a una minaccia globale non pare saggio rinchiudersi nel localismo, ma serve una reazione di ampio respiro che veda un rilancio dell'azione statale e della collaborazione a livello regionale. In quest'ottica, preoccupa l'evoluzione della politica tedesca, intenzionata a rafforzare la sua leadership in Europa, anche al di fuori delle istituzioni comunitarie, facendosi forte della leva finanziaria detenuta nei confronti dei membri Ue pericolanti. Senza dubbio, la propensione egemonica della Germania e l'esplorazione di nuove possibili alleanze da parte di Berlino lasciano presagire l'allentamento delle tradizionali fedeltà all'interno del mondo occidentale. Sorprende che a mettere in moto una simile dinamica possa essere la disciplinata e rigorosa Germania, stanca di fungere da bastione economico dell'Europa e desiderosa, dopo sessant'anni di acquiescenza, di sfruttare la sua forza economica e le debolezze dell'area euro per giocare un ruolo politico di primo piano sulla scena internazionale.


La crisi finanziaria e le ambizioni di Berlino indeboliscono l'eurozona
LE SCELTE DELLA GERMANIA

Stratfor, agosto 2011,

Oltre un anno fa, la nostra rivista riprendeva le considerazioni di George Friedman, Stratfor, in merito alle scelte geo-economiche della Germania a fronte delle difficoltà che hanno colpito l'economia globale dal 2008 in poi (Germania, un leader sempre più solitario, Critica Sociale n. 5 / 2010). Già allora appariva evidente come la crisi economica in Europa stesse inducendo i tedeschi a riconsiderare alcuni aspetti strategici di fondo. Dalla seconda guerra mondiale in poi, la Germania ha perseguito due imperativi: mantenere stretti legami con la Francia e con il resto d'Europa per evitare ogni rischio di un nuovo devastante conflitto continentale e conseguire una stabile prosperità economica. Il ricordo delle gravi crisi economiche che colpirono il paese negli anni venti del secolo scorso e che contribuirono all'affermazione del militarismo e del nazismo ha fatto in modo che negli ultimi sessant'anni i tedeschi, da Konrad Adenauer in poi, abbiano mirato allo sviluppo economico come precondizione a una società benestante, stabile e pacifica. In questo contesto, l'alleanza con i francesi ha costituito il presupposto per garantire il progresso della Germania all'interno della cornice comunitaria. Se si eccettua l'unificazione delle due Germanie nel 1990, la situazione non ha subito sostanziali scossoni dalla fine della Seconda guerra mondiale sino agli anni duemila.



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CRITICA SOCIALE
Rivista fondata nel 1891 da Filippo Turati
Alto Patronato della Presidenza della Repubblica

Direttore responsabile: Stefano Carluccio

Reg. Tribunale di Milano n. 646 del 8 ottobre 1948
edizione online al n. 537 del 15 ottobre 1994

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