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In ricordo di Morris Ghezzi
In ricordo di Morris Ghezzi, anima della Societŕ Umanitaria
LO SPIRITO DEL PRIMO MAGGIO
E L'ALLEANZA TRA CAPITALE E LAVORO



L’omaggio della Critica Sociale a Morris Ghezzi una settimana dopo la sua morte, è voluto per coniugare le parole del suo ricordo con la ricorrenza del Primo Maggio. Non solo perchè socialista.
In questa sfaccettatura, tra le numerose della sua personalità e intelligenza poliedrica, con noi ha fatto gruppo nella Direzione della Critica Soclale. Con noi ha ispirato il programma di ripresa dell’attività del Centro Internazionale di Brera, anch’egli sopportandone le vicissitudini, le difficoltà, la momentanea sconfitta e la felice ripresa di cui purtroppo non potrà godere nell’avvio imminente dei lavori di ristrutturazione e di adeguamento dei luoghi alla creatività libertaria e socialista di respiro internazionale nel cuore di Milano sin dagli anni 70. Di tutte le nuove attività, su cui i lavori si svilupperanno, Morris ha contribuito a mettere su carta forse le due principali: il Teatro Popolare e la Scuola di Politica.

L’attesa del Primo Maggio, per scrivere poche righe indispensabili per il tranquillo ricordo che ne abbiamo nell’animo, non si motiva con una semplice ragione di appartenenza politico-culturale. Sarebbe immiserire la fantasiosa precisione della mente di Morris.

 

Per comprendere meglio, riferisco di un colloquio su temi che esulavano completamente dal contesto in cui ci trovavamo, seduti in un bar di fronte alla sede della Lega durante la campagna elettorale per le politiche con la lista di Giulio Tremonti. 

 

Notando, da parte mia, la sua costante imperturbabilità, ne chiesi la radice, se fittizio autocontrollo o da convincimento in qualcosa. Mi disse: “Ogni cosa si muove nello Spirito. Egli (lo Spirito) ha sempre un disegno anche nella vicenda storica. Di fronte agli imprevisti e alle apparenti difficoltà non mi agito mai. Si tratta di contraddizioni che si sciolgono sempre. Cerco di comprenderle, fino a che sia possibile, cosa che va sempre a proprio beneficio.  Ma in ogni caso anche se al momento non comprendo l’ impedimento e il contrasto delle forze, so che ognuno di noi - e anch’io -  ha un posto nel Suo disegno. E attendo, perchè capirò: e sarà sicuramente non una sintesi, ma un superamento in una nuova condizione giusta. Il tempo non conta assolutamente niente, in questa prospettiva. Per questo sono sempre calmo sui processi di fondo”. 

 

Naturalmente le parole sono in molta parte le sue. Sicuramente, perfettamente suo è il senso della risposta.

 

Che c’entra il Primo Maggio e il suo ricordo?

 

Tra le cose che si muovono nello Spirito, il Lavoro è per l’Uomo nelle prime di esse.

 

Erede di Renato Treves all’Università, e sebbene nella Cattedra di Sociologia del Diritto abbia tenuto corsi di Sociologia del Lavoro, nella sua intensa attività al di fuori dall’ambito Accademico, Morris non è stato attivista nelle organizzazioni sindacali, nè delle associazioni imprenditoriali.

Ha animato con tutto se stesso la Società Umanitaria.

La sua idea di Lavoro non è nè sindacale, nè imprenditoriale, ma profondamente di radice spirituale. Il Lavoro è campo di manifestazione dello spirito umano nelle circostanze concrete, le elabora, le evolve e così operando magnifica la sua anima. E’ un pensiero riformista del socialismo umanitario, perchè il cambiamento storico in cui agisce il Lavoro gli è implicito, ma mai il suo principio. E’ dunque una base filosofica di dottrina sociale che supera lo stesso positivismo e non condanna al rogo (tantomeno nessuno) neppure l’intenzione umanistica del marxismo. Ne condanna gli esiti politici, l’elaborazione fuorviante di quella intenzione iniziale.

 

Il Lavoro non ha al suo fondo valore di necessità, nè di opportunità. Il Lavoro che arricchisce è quello di cui si può dire “non mi pesa, mi piace”.

 

Può la società capitalista giunta all’apice dell’astrazione ritornare a concepire il Lavoro in questo modo, affinchè tutti (secondo principio di giustizia) possano dire “non mi pesa, mi piace”?

Certamente no. Anzi si stacca talmente dalla realtà che al Lavoro non riesce a far giungere gran parte degli abitanti della sua stessa sfera del mondo. Con grande danno per lo Spirito della propria civiltà.

 

Tra le cose che più amava delle realizzazioni all’Umanitaria, per Morris era la Scuola di panificazione e la vendita del Pane. Riteneva che altre iniziative per la formazione al lavoro e per dare lavoro dovranno essere prese. Questa è la vocazione originaria della Società.

Nel 120 anniversario della fondazione, di cui ha curato con Alfredo Canavero il volume “Alle origini della Sociaetà Umanitaria”, Morris prepara la Critica Sociale al Memoriale trovando nella nostra Collezione (anno 1902) il Rapporto delle due Sezioni programmatiche  dell’Umanitaria (la 4a e la 5a Sezione) su “Uffici di collocamento e l’ Ufficio del lavoro per gli operai di città”. Le due Relazioni erano stese rispettivamente da Angelo Omodeo (collaboratore di Turati in “Rifare l’Italia”) e da Giovanni Montemartini (padre della scuola di Economia del Diritto di impronta liberalsocialista, fiorita alla notorietà negli anni ‘60 nelle Università americane, e i cui ultimi esponenti in Italia sono  Pietro Trimarchi alla Statale di Milano e, prima ancora, Francesco Forte a Torino e quindi a Roma). 

 

Relatore al Consiglio dell’Umanitaria del progetto del “Collocamento e dell’Ufficio del Lavoro” fu Attilio Cabiati. 

 

Il Collocamento ci è noto. Meno noto l’Ufficio del Lavoro, che fu vera perla del programma della Società Umanitaria, in analogia col programma delle Agenzie labouriste dei coniugi Webb, cellule staminali del socialismo anglosassone. 

Obiettivo, conoscere la situazione del Lavoro con inchieste statistiche nelle manifatture raggruppate per Arti e Mestieri, nella campagna, nei movimentti migratori. Tutti i dati confluivano nel Consiglio del Lavoro, costituito dai rappresentanti della Camera Generale del Lavoro, dai lavoratori agricoli delle Leghe, dai rappresentanti dell’Umanitaria. 

 

Secondo l’idea di Montemartini, questa attività costante di monitoraggio del lavoro era per governare più moderne relazioni industriale secondo “gli ideali economici della presente generazione” rispetto a quella passata, in termini non di rottura, anche se “le differenze tra individualisti e collettivisti” erano evidenti. Ma “le rivendicazioni che si vogliono sono le medesime: eguale scopo ultimo a cui si tende”. L’idea del CNEL sorgerà dall’Ufficio del Lavoro dell’Umanitaria.

 

Scrive Montemartini sulla Critica Sociale nel settembre del 1902: “Vado indagando quali furono le utopie della passata generazione e quali sono le nostre utopie…se furono vaghe fantasticherie della mente o sogni rispondenti ai desideri dei tempi”. In questa lunga analisi in quattro puntate sulla Rivista socialista, Montemartini nota come “è notevole il fatto che sempre, anche ai primi cultori della nostra disciplina, l’ideale economico sia apparso non come ideale individuale, ma come ideale collettivo (lo scrive un autore di scuola liberale!). L’economista è sempre stato il rappresentante di un gruppo, e questo gruppo si andò successivamente allargando fino a comprendere tutta la collettività. In questo passaggio da gruppi minori a gruppi maggiori vi furono sogni egoistici. Ma la missione altissima dell’economista fu sempre quella di avvertire ogni apparizione di un antagonismo di interessi tra l’individuo o una classe, e l’intera collettività…di strappare il velo degli interessi di classe. Data questa aspirazione, postulata l’equità di un benessere collettivo, il problema è quello di trovare la scala per salire, la scala mistica della redenzione che sale al Paradiso”, dove “l’ideale economico è più antico di quello religioso” che rappresenta in forma mistica, dopo la vita, l’ ideale della pace economica e della concordia nel godimento dei beni che si cerca di raggiungere. “Talchè gli ideali degli economisti non stanno più nella determinazione delle forme paradisiache - sulle quali forme unanime è il consenso - ma si differenziano nella determinazione dei modi più convenienti. Gli ideali economici sono dunque ideali di condotta”.

 

E conclude l’illustrazione della sua ricerca sugli “ideali economici della presente generazione”: “Libertà individuale e intervento dello Stato sono appunto le due forme di condotta ideale invocata

per raggiungere il paradiso economico”. La precedente generazione era individualista e realizzava quanto era maturato fino all’Unità nazionale. Ora la nuova generazione ha un più vasto orizzonte e l’intervento di Stato e la condotta “collettivista” sono necessari per la costruzione della nuova società che sorge dall’indipendenza nazionale.

 

Nell’alleanza tra capitale e lavoro (di ispirazione repubblicana), il socialismo democratico dell’Umanitaria si svolge in parallelo con quello positivo della Critica Sociale e della novità di un partito socialista che apre l’ingresso nella politica italiana al Mondo del Lavoro. Il “classismo” è dichiarato apertamente ma non come guerra, bensì come rispettiva posizione di partenza di interessi che devono trovare una intesa nello Stato e nella Società.

E’ il Mondo del Lavoro che inaugura la programmazione nella libertà di mercato. Perchè il Lavoro è un bene comune su cui poggia lo spirito della Nazione, così come l’anima di ogni uomo. 

 

Se dunque nel mezzo è la virtù, Morris - come dimostrano anche questi ed altri testi da lui ritovati nella Critica per i 120  anni dell’Umanitaria - è nel “medio”, nella “misura “, nell’ equilibrio.

 

Una condizione sempre precaria, tuttavia, che richiede molta energia e forza per essere custodita, ma causa molte sofferenze, morali e fisiche. E a Morris, seppure “imperturbabile”, non ne sono mancate. Lo ricordiamo vivo nel suo pensiero e con lui la Critica Sociale offre un contributo a celebrare questo Primo Maggio. Che il caso lo vuole in antitesi al centenario della rivoluzione bolscevica e dell’eresia comunista.

Eresia, certo. Poichè è la percezione dello spirito - che è promotore di libertà - nel metodo del programma sociale che distingue socialismo da comunismo. 

 

Nelle prossime settimane pubblicheremo in e-book un’antologia di scritti con testimonianze per non disperdere il suo Lavoro, e rilanciarlo in mezzo al gioco. 

Sarà un bel documento. E un ottimo programma.

 

stefano carluccio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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CRITICA SOCIALE
Rivista fondata nel 1891 da Filippo Turati
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Direttore responsabile: Stefano Carluccio

Reg. Tribunale di Milano n. 646 del 8 ottobre 1948
edizione online al n. 537 del 15 ottobre 1994

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