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di Giuseppe Scanni, Critica Sociale n.2/3

...
Secondo Tremonti, superato il mercatismo - l'idea cioè che sia l'economia a dominare la politica - e tornato il ruolo salvifico e/o provvidenziale degli Stati, dei Governi, della politica, è giunto il momento di pianificare riforme strutturali, sapendo che la riforma delle riforme è in Italia quella fiscale. Tremonti ricorda come già dal 1994, allora in anticipo, oggi nei tempi giusti (e quindi corti) è necessario provvedere ad una riforma che accompagni il passaggio della fiscalità dalle persone alle cose; dal complesso al semplice; dal centro alla periferia. L'alta intensità politica della Riforma progettata dal ministro ha evidentemente risvolti costituzionali importanti e si poggia su una certezza, quella del tempo di durata del Governo e della sua maggioranza.
...
L'implosione comunista alla fine degli anni '80 e la riorganizzazione del sistema capitalistico attraverso la finanza, hanno posto tutto il mondo, e non solo l'Italia, a dover affrontare nuovi problemi. Per quello che ci riguarda non solo nuovi, ma anche vecchi problemi, fra i quali quelli della democrazia incompiuta.
Se, per esempio, le scuole monetariste anglosassoni hanno spinto verso la finanziarizzazione della economia, hanno anche sviluppato processi di deindustrializzazione a causa delle delocalizzazioni, creando aspettative non soddisfatte da vecchie teorie di distribuzione del benessere.
La Costituzione materiale, nonostante varie riforme del sistema elettorale e tentativi di riforme costituzionali di tipo federalista, si è dimostrata insufficiente a governare la realtà complessa della nostra società.
Se la realtà italiana è complessa lo è anche per la grande capacità di generazione della ricchezza che nasce dal territorio. Soltanto una riforma costituzionale può gestire soluzioni condivise della territorialità, e solo la territorialità nella società globale può difendere e stimolare il concorso delle individualità alla crescita .
In questo ambito, ad esempio, il federalismo fiscale si coniuga con la democrazia sociale perorata da Mazzini e con il premio politico della questione istituzionale sottolineata dal socialismo ai suoi albori dopo l'esperienza garibaldina.
Nel nostro millennio occorre coniugare il local con il global. Lo dobbiamo alle nuove generazioni, a quelle che per la prima volta nella Storia sono chiamate ad assistere i loro genitori per lunghi anni e nello stesso tempo non godranno di quello straordinario privilegio legato alla evoluzione tipica delle generazioni precedenti: quella di poter dire io farò meglio dei miei genitori, io svolgerò professioni più gratificanti, io guadagnerò di più di mio nonno e di mio padre. Nel 2010 il lavoro a tempo indeterminato è considerato una vincita alla lotteria e le pensioni sono spesso superiori ai salari.
Ed allora bisogna con ottimismo disegnare nuovi obbiettivi per creare investimenti, valorizzare il risparmio, incitare allo sviluppo industriale congiunto ad un ordine territoriale basato su progetti di sviluppo localizzati.
L'individuazione politica, su base territoriale, delle motivazioni di programmi di sviluppo, consente non solo risparmi ma soprattutto certezza nel tempo necessario per realizzarli.
A proposito di Federalismo Fiscale. Si valuti l'esempio delle Regioni meno favorite. Per quale motivo lo sviluppo della Campania deve essere collegato a piani di sviluppo nazionale tanto costosi quanto, come l'esperienza ci ha insegnato, inefficaci? In Campania esistono grandi spazi, che nascono dalla storia, di impegno nella cantieristica navale, nella gestione dei sistemi portuali, nell'agricoltura e nel turismo, per non parlare degli aspetti economici collegati alla cultura. Dopo aver bruciato risorse enormi nell'imitare la Lombardia, perché non indicare alle nuove generazioni impegni concreti, inediti e di lungo periodo, finanziabili di volta in volta secondo necessità, attraverso gli introiti fiscali?
Rimangono aperti i problemi che riguardano la sussidiarietà, i coordinamenti infrastrutturali, le garanzie tipiche dello Stato unitario nella difesa, nella politica estera, nel diritto. Elementi coordinabili attraverso un Governo nazionale a guida presidenziale. L'importante è che le contrapposizioni, tipiche della democrazia conflittuale, si esercitino all'interno di mature strutture istituzionali che deleghino la terzietà alla pubblica amministrazione, sia essa nazionale che regionale, evitando sia la pesante ingerenza clientelare della politica che l'esercizio di "poteri neutri", che assumono impropri poteri politici ed istituzionali.
La Costituzione materiale era basata sulla regola non scritta del consenso, e per concorrere al consenso la stessa Costituzione obbliga le istituzioni a indicare, quasi sempre ad un terzo dei componenti, con figure cosidette neutre, esponenti di improbabili società civili, avulse dal contesto partitocratico della prima repubblica e da quello lobbistico della seconda, ad occupare rilevanti incarichi .
Sappiamo tutti come è finita la storia, grazie anche alla contemporanea delegittimazione della politica e al superamento abnorme delle competenze della magistratura.
Soltanto una Costituzione delle regole, non suscettibile di modifiche estemporanee, come accade con la Costituzione materiale, può dare prestigio e certezza alla politica rappresentativa ed ai cittadini.
Il segretario del PSI Bettino Craxi fu accusato di "decisionismo" perché propugnava una grande riforma basata sulla Costituzione delle regole. Definizione, questa, quanto mai impropria. E' ovvio, infatti, che il "decisionismo" è tipico di una Costituzione materiale, perché legata alla interpretazione, ovvero alla "decisione", che nasce dal consenso. Quello di cui abbiamo bisogno nel nostro Paese è lo stabilimento chiaro e certo di regole che, proprio perché tali, non possono indurre né ad autoritarismi, né a scelte, seppur motivate, diverse da quelle che la definizione costituzionale obbliga ad accettare.
Chiedere di modificare la Costituzione non può e non deve essere accostato ad accuse di decisionismo e/o di autoritarismo.
Eventuali modifiche costituzionali di tipo federalista spaventano ancora molti cittadini che temono più il Nord del Paese che la convinzione di lavorare per dare certezze al futuro.
Non vi deve essere preoccupazione eccessiva di un Nord ricco verso un Sud povero: il caso pugliese dimostra che una regione non favorita può produrre un pil regionale assimilabile a quello del centro del Paese, facendo appello alla straordinaria ricchezza di territorio, alla giovane età di una popolazione largamente alfabetizzata, producendo sviluppo della ricchezza.
Le società ricche del Nord hanno oggi ed avranno domani un mercato di sostegno nel Sud Italia e potranno mantenere inalterate le garanzie di una ricchezza che le renda competititive sui mercati internazionali, soprattutto in quelli del centro-Nord europeo. Spetterà allo Stato nazionale tramite un efficace Senato delle Regioni, piuttosto che attraverso la squilibrata gestione dei poteri della Conferenza Stato-Regioni, coniugare il confronto ed il controllo del finanziamento delle politiche territoriali,garantendo il necessario sviluppo unitario nazionale.
E' il principio di responsabilità quello che deve essere alla base delle politiche territoriali e nazionali. Lo spirito democratico repubblicano presuppone l'alternanza che si può realizzare soltanto dove la responsabilità è certa, e quindi venga valorizzata; il secondo grande principio è quello della rappresentanza democratica che è parte integrante del principio di responsabilità.
Alla sovranità popolare occorre restituire il ruolo che le riserva la Storia europea e cioè quello di essere esercitata attraverso rappresentanti responsabili, anche individualmente, delle loro scelte.
La rappresentatività è dunque un principio ineludibile per la democrazia sociale.
Dubito fortemente che si possa aggirare la riforma della Costituzione per progettare incisive riforme. Apparteniamo ad una grande nazione. Con difficoltà siamo giunti al capolinea di quel lungo percorso che siamo stati obbligati ad intraprendere nel secolo corto, il ‘900, così ricco di ideologia e così funesto per le terribili guerre e per i crimini liberticidi che lo hanno segnato.
L'Italia ha attraversato il secolo passando dalla fame alla obesità, dalla disperazione della emigrazione alla ricchezza di pochi stati al mondo, dall'analfabetismo alle eccellenze culturali e scientifiche.
Ci basta soltanto volere guardare al futuro senza angoscia ma con la preoccupazione di chi conosce gli ostacoli, per dare al paese, nel suo contesto europeo, una legge costituzionale degna delle libertà individuali, delle ricchezze sociali, dei diritti e dei doveri di uomini e donne liberi nell'ordine del XXI secolo, che la storia, la tradizione, i meriti acquisiti e quelli che conseguiremo, ci spronano a realizzare.

 

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