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2003,
Numero 6

TORNANO I NEOCOMUNITARISTI DAGLI USA IL RISVEGLIO DELL'ANARCHIA

di Luca Pesenti

"L'appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme / non è il conforto di un normale voler bene / l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé". Malgrado l'apparenza, era dolente e malinconica come chi la cantava, la Canzone dell'appartenenza. Giorgio Gaber ci mise un bel po' prima di decidersi a registrarla, per lasciare il testimone di una speranza e di una certezza per lui inaccessibile: "Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi". Un condizionale che destinato ad accompagnarlo fino all'ultimo. Gaber come metafora carnale di un'epoca; perché quel "noi" sembra essere oggi il problema dei problemi. Nulla di più inattuale. Nell'epoca del trionfo dell'ego narcisista, seguito al dominio delle organizzazioni e degli Stati totali, la domanda del plurale non maiestatis, della compagnia che ti accompagna, diventa grido, richiesta dolorosa e a volte disperata. Certamente quel "noi" è il grande assente per quella generazione che Gaber ha rappresentato e che in nome del gruppo, del collettivo, del popolo si è schiantata contro il muro della storia prima che contro il Muro di Berlino. Ma la richiesta, o meglio il grido, supera le generazioni e si f...