La crisi della Fiat mette all'angolo i campioni del liberismo "fai da te". Cresce ormai nei commenti e sulla stampa, anche se con la dovuta timidezza per un obbligatorio senso del pudore, la nostalgia per il "sistema misto" del capitalismo italiano che tanto è stato studiato all'estero quando l'Italia era la quarta potenza economica del mondo, davanti alla Gran Bretagna della conclamata signora Teatcher. La svendita del patrimonio pubblico nel corso delle "privatizzazioni" degli anni '90 ha lasciato lì i debiti, ma ha privato lo Stato di importanti fonti di entrata, irrigidendo strutturalmente i margini di manovra per le politiche economiche dei governi. L'appello che oggi si rivolge per un rinnovato ruolo dello Stato nel governo della crisi del gruppo torinese, rischia però di limitarsi a mettere una toppa al singolo episodio, per quanto grave. Invece la questione della Fiat non é una questione isolata, ma riguarda (piaccia o no) la sostanza dell'economia nazionale e la sua soluzione non potrà che inserirsi in una moderna prospettiva di democrazia economica, su basi distanti anni luce dall'astratta ortodossia liberista. "La famiglia Agnelli e gli altri azionisti del Lingott...