2002, Numero 2
COSÌ PARLAVA SAVERIO BORRELLI
di Giancarlo Lehnre
Francesco Saverio Borrelli, dopo un periodo di incredulità e, quindi, di cautela, cominciò a prendere molto sul serio il consenso popolare, sino al punto di confessare, con qualche rivolo d'orgoglio, che, alla fin fine, il suo ufficio non aveva fatto altro che incarnare, ad un certo punto, la "volenté générale". La figura del pubblico ministero che così gelosamente si vuole tenere distante ed autonoma dall'esecutivo, mentre deve rimanere comunque indistinta rispetto alla figura del giudice, viene presentata come legittimata e, quindi, giustamente "dipendente" dagli umori delle piazze e degli agitprop. Il 7 aprile 1993 (cfr. "il Giornale"), nel corso di una tavola rotonda, il procuratore capo di Milano rappresentò così gli alimenti vitali del pubblico ministero: "La funzione di investigazione del pubblico ministero non sta nel vuoto e non si alimenta di aria; si alimenta di contributi verso l'accertamento della verità, contributi di denuncia... che provengono dall'ambiente circostante, dalla popolazione, dalla volontà di collaborazione, dalla solidarietà che la cittadinanza mostra nei confronti della magistratura... Ebbrezza da protagonismo no. Che poi dia una gratificazione ...
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