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2005,
Numero 11

Le elezioni a Milano e le candidature femminili

“L'idea che anche la donna non possa emanciparsi se non col lavoro
– proprio ed indipendente – non è ancora penetrata al fondo della coscienza dell'operaio italiano. La candidatura femminile di Milano è prematura, occorre principiare dal principio e non dalla fine. L'operaio intenda prima quale alto valore ha nella sua battaglia la cooperazione dell'elemento femminile”.
di Anna Kuliscioff da Critica Sociale n.11, 1892

Ecco un’idea che in Italia, fra l’apatìa che ne circonda, desterà sorpresa. D’onde ne parte l’iniziativa?
Forse - come già in Inghilterra e in America - dai nuclei del proletariato femminile intellettuale, da quelle schiere di impiegate, maestre, commesse che prime, negli stipendî lesinati, nelle condizioni inferiori del lavoro, sentono i danni della inferiorità legale, politica e sociale del loro sesso? Forse dalle organizzazioni femminili operaie, divenute forti, numerose, coscienti, alleate formidabili del movimento operaio maschile?
Nè una cosa nè l’altra si può dire esista ancora veramente in Italia. E la candidatura femminile appare a prima vista un enigma.
Che è dunque? È il Fascio dei Lavoratori di Milano che, nella sua lista per le prossime elezioni amministrative, lascia un posto ad una donna « per mostrare la larghezza di intenti a cui il Fascio si ispira ».
E si capisce: il Fascio, che fu in Italia uno dei primi fautori della lotta di classe, vuol dimostrare così che nel proletariato si desta una coscienza nuova, la coscienza che il suo trionfo come classe sarà ben difficile senza la cooperazione della donna, questa compagna di tutti gli stenti del lavoratore, questa pa...