1998, Numero 1
Da Tagore a Roy
di Sergio Trippodo
Fino a qualche anno fa, la cultura indiana era per gli italiani un affascinante e lontanissimo caos composto da incomprensibili rituali e da intricate filosofie mistiche. Al di fuori della letteratura religiosa e delle grandi epopee, si sapeva ben poco delle espressioni artistiche dell’India contemporanea. Spesso non se ne supponeva neppure l’esistenza. In seguito, grazie al solito ‘effetto eco’ proveniente dai paesi anglofoni, anche a casa nostra ci si è accorti che il subcontinente indiano non produceva soltanto santoni e sitar, Tagore e Ravi Shankar. La riscoperta dell’India colta è stata sicuramente facilitata da eventi politici e storici che hanno riportato all’attenzione dell’opinione pubblica italiana le realtà dell’Asia meridionale, ma la spinta maggiore è dovuta soprattutto alle sempre più frequenti e accurate traduzioni in italiano degli scrittori indiani anglofoni. Il merito della scoperta va, come sempre, ai britannici. Il prestigioso Booker Prize ha infatti dato il suo riconoscimento a scrittori di grosso calibro, ma poco conosciuti al grande pubblico, prestando sempre più attenzione a questo nuovo filone. Probabilmente per l’affievolirsi della vena creativa dei romanz...
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