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1995,
Numero 4

EDITORIALE

di Critica Sociale

Gabriele Cagliari. Fino a pochi anni fa era solamente un nome noto nella finanza e al managemant pubblico, uno di quelli che si usava definire "boiardo di stato", invidiato da molti e vezzeggiato dai potenti. Con la vicenda di tangentopoli il suo nome è divenuto un esempio fra i più tragici del nuovo modo di gestire la giustizia, l'emblema più evidente di un assioma assoluto: il magistrato monopolizzatore della violenza istituzionalizzata ed esercitata in maniera affatto arbitraria. Questa "nuova" concezione della giustizia rappresenta lo sviluppo di un'idea dello stato di diritto che vanta assai tristi precedenti, e che sembrava superata dall'evoluzione civile di un Paese democratico come dice di essere il nostro, già Patria di Verri e Beccaria. E' un'idea che si porta addosso la puzza delle galere su cui si reggevano i poteri assoluti dei monarchi dell'ancien regime,delle segrete nelle quali si svolgevano gli interrogatori dei Tribunali dell'Inquisizione, un'idea che viene dal giustizialismo dei linciaggi del far west. Speravamo di non dover più discutere di principi e di garantismo, speravamo di non essere più costretti a confrontarci e a batterci sulle questioni dei diritti...