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1996,
Numero 1/2

IN MEMORIA DI AMELIA ROSSELLI

di Andro Blu

Domenica 11 febbraio 1996. Si è spenta Amelia Rossetti. La sua vita ha cessato di pulsare dopo 66 anni, accolta, nell'impatto del suo fragile corpo, in un tonfo sordo e secco, sul selciato del cavedio di un vecchio palazzo di Via del Corallo a Roma. Un'altra poetessa se n'è andata! Anch'essa attratta dalla, morte più che dalla solitudine che l'aveva accompagnata, orfana durante la vita. Apprendendo dalla cronaca della sua volontaria, ma pur sempre triste e desolante, scomparsa non possiamo fare a meno di pensare che il suo sacrificio si assomma a quello di tanti altri artisti che hanno scelto prematuramente d'essere inghiottiti dal silenzio, dalla fine. Un gesto tragico, una convinzione intima anche per sfuggire al dileggio e all'incomprensione di una umanità arida e sempre meno disponibile a capire e sostenere le individualità isolate che si esprimono spesso nel privilegio o nella tortura consapevole dell'arte. La fine di Amelia ricorda, ed è giusto farlo, quella di una grande poetessa inglese del nostro secolo Sylvia Plath. Essa scriveva: "M orire. E' un 'arte, come ogni altra cosa. S uprema al punto da sem brare tortura. S uprema al punto da sem brare v era. F orse potreste dir...