1997, Numero 8
IL PAESE DEL MELODRAMMA
di Arcangelo Maldifassi
Ipiù colti citano Giacomo Leopardi, peraltro debole intenditore di musica, e la sua avversione per l'opera ("discutibile... per la commistione di elementi discordanti") nonché la sua perplessità nei confronti di Giacchino Rossini (troppo "popolare" e quindi amato dal pubblico ma attaccato dai critici). I più banali spiegano con la sicumera di sempre che l'Italia è quel che è per il semplice motivo che all'origine della sua tradizione culturalspirituale non ha il romanzo europeo ma il melodramma (se poi sono in vena, aggiungono, orecchiando temi circolati in polverose aule licealgentiliane, che il melodramma condivide la responsabilità del pessimo carattere nazionale italico con la storica assenza del protestantesimo). Naturalmente è difficile controbattere luoghi comuni così radicati. Non si riesce nemmen più a dire che un romanzo "italiano" esiste e lo ha scritto Ippolito Nievo con le sue Confessioni: la semplice citazione della forza e della bellezza di un personaggio femminile come la Pisana desta un clima di diffidenza. Per non parlar poi del facile ricorso all'aggettivo "melodrammatico" come immediatamente derivato dalla presunta tabe originaria del Belpaese. Inutile a...
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