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2006,
Numero 4

Milano: riformisti tra tradizione e innovazione

Il vecchio riformismo socialista oggi non è più proponibile. Si deve piuttosto parlare di “liberal riformismo”, un riformismo centrato sulla persona umana e sulla sua responsabilità. Per un lungo periodo esso è stato un modo d’essere della politica verso la società. Oggi esso è piuttosto un modo d’essere della società verso la politica.
di Piero Borghini

Come diceva Johan Huizinga nel suo “L’autunno del Medioevo”, il modo migliore di difendere una tradizione è quello di innovarla. L’omaggio retrospettivo, più o meno sincero, non serve. Anzi, può persino nascondere la volontà di liquidare quella tradizione, magari imbalsamandola.
E’ un po’ quello che rischia di capitare al riformismo milanese, cui in tanti, forse in troppi, oggi si richiamano senza fare però lo sforzo di accompagnare l’omaggio con qualche proposta innovativa.
Che sia però da Milano che si deve ricominciare non ci sono dubbi. E non solo perchè qui c’è il cuore stesso della tradizione riformista, ma perchè Milano è ancora oggi, come in passato, la città più moderna, complessa e diversificata d’Italia ed è quindi l’unico posto in cui il riformismo può rinascere.
Del resto, se si guarda alla storia dei sindaci riformisti milanesi, si vede che essa è anche la storia materiale della città e delle sue diverse fasi di sviluppo. Il primo di loro, Emilio Caldara, sindaco nel 1914, si trovò ad amministrare una città in crescita demografica ed in forte espansione produttiva in tutti i settori, commercio e finanza inclusi. Una città in cui, accanto alle fabbriche, erano nate gra...