2006, Numero 5
Il modello inglese. Il miglior welfare è la piena occupazione
“Rovesciando l’impostazione delle politiche tories (sistema di sussidi per gli “inabili al lavoro”) il governo laburista di Tony Blair si è mosso sul principio che nessun welfare può garantire più del lavoro stesso. Il Governo ha quindi predisposto misure adeguate per l’occupazione dando dignità a chi privo di strumenti per costruirsi un percorso professionale, ma pretendendo in cambio una maggiore responsabilità di fronte alle occasioni di lavoro.”
di Simona Bonfante
La riforma del lavoro è stata al centro della strategia laburista sin dal 1997, con l’insediamento del Primo governo guidato da Tony Blair. L’eredità conservatrice si risolveva in un vizioso sistema di sussidi per le categorie degli “inabili al lavoro”. Un sistema che – nei fatti – distorceva il meccanismo di accesso al mercato occupazionale incentivando l’inattività. Quel sistema era all’origine di un paradosso culturale che faceva della disoccupazione uno status, piuttosto diffuso e ben accolto soprattutto dai giovani insensibili alle lusinghe della competizione mercatista. La Gran Bretagna contava allora milioni di disoccupati perfettamente in grado di sopravvivere non lavorando. Lo stato garantiva loro la copertura totale delle spese di affitto e una paga settimanale – una sorta di salario minimo – per affrontare le spese di sussistenza. Un disoccupato entrato nel sistema dei benefit vi rimaneva improduttivamente ancorato, senza opportunità, stimoli, incentivi ad uscirvi. Il primo Governo Blair sovverte l’approccio culturale di quel sistema. Il principio da cui muove la riforma laburista è che nessun welfare potrà garantire meglio del lavoro stesso. Lo stato deve quindi pred...
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