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2006,
Numero 8

Una minaccia geopolitica

“La soluzione delle due crisi do ottobre, quella polacca e quella ungherese, hanno costituito un successo per la geopolitica sovietica: le frontiere dell’Est europeo rimasero intatte. Dopo aver scatenato la massima crisi nella storia del comunismo, la destalinizzazione rivela nei suoi prosaici vincitori ambizioni limitate rispetto alle sue possibilità. Le due rivolte finiscono per mettere un punto finale alla precedente fase mitologica del sovietismo in Europa”.
di Francois Furet

Nella storia del comunismo, la seconda metà del 1956 appartiene ai polacchi e agli ungheresi. E’ in primo luogo l’esperienza di questi due popoli a mettere un po’ in tutta Europa un punto finale alla grande fase mitologica del sovietismo. Non ne farò il racconto dettagliato perché è già stato fatto da ottimi studi. L’aspetto nuovo delle due vicende è di mostrare l’intervento delle opinioni e dei popoli nella politica nazionale, sebbene quest’ultima continui a rimanere monopolio del partito. Nei due paesi la frustrazione è visibile subito dopo la morte di Stalin e l’agitazione è latente. Nel 1955 gli intellettuali - giornalisti, scrittori, professori, studenti - formano nuclei d’opposizione organizzati, che dispongono il più delle volte di istituzioni ufficiali del regime, destinate a irreggimentarli: Unione degli scrittori, riviste letterarie, giornali, scuole, associazioni studentesche. Presto nasce un nugolo di club che fanno rivivere i grandi momenti del 1848. A Budapest il circolo Petöfi fa la guerra a Ràkosi. A Varsavia la gioventù d’opposizione si riunisce attorno al settimanale “Po Prostu” prima di riuscire a formare, nell’aprile 1956, una federazione nazionale di club.
Fra ...