2006, Numero 11
La scelta del socialismo europeo
“Nel Psi fino all'avvento di Craxi regnava il più assoluto disinteresse per i rapporti internazionali con gli altri partiti socialisti europei. Ogni esperienza di governo senza i comunisti era giudicata dal vertice socialista un “rabberciamento” del sistema capitalista per smussarne gli spigoli più duri. È Craxi che, vice segretario di De Martino, accetta l'incarico allora poco ambito dei Rapporti Internazionali nella Direzione socialista. Da allora stringe i rapporti con Mitterand, Brandt, Palme, Soares che utilizzerà per rafforzare in seguito la linea del Nuovo Corso riformista del PSI e per accreditare in Occidente la possibilità di una guida socialista del governo nazionale”.
di Ugo Finetti
La rappresentazione negativa di Craxi impressiona, ma non stupisce. Sin dagli anni ‘20 il socialista che si è opposto ai comunisti era sempre stato: a) ridicolo, b) corrotto, c) fascista. Per decenni dadaisti, espressionisti e neorealisti hanno mostrato il leader politico anticomunista come un buffo ciccione pieno di banconote e con un manganello in mano. Ed infatti il cabaret, il processo in piazza ed il réportage di denuncia furono i principali strumenti della propaganda inventata nella Germania di Weimar dall’editore del Komintern, Willi Munzenberg, mobilitando comici, inquirenti e giornalisti. Di riflesso il comunista è sempre stato invece raffigurato come una persona a) molto seriosa, b) dalla vita monacale, c) con sulle spalle la difesa di una democrazia costantemente minacciata dall’antagonista. Questo schema di rappresentazione non è stato assente anche nella storiografia dedicata all’Italia repubblicana ed in particolare al “duello” tra Craxi e Berlinguer. Si è così avvilito e frainteso un confronto che non è stato solo di scontri, ma anche di reciproche influenze e punti in comune, tra i due leader politici che erano cresciuti e si erano formati come i “pupilli” di Nenni ...
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