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2006,
Numero 11

Legge Biagi, un bilancio due anni dopo

“Quanti criticarono la legge 30 nel 2003 confermano oggi la volontà di abrogarla quale simbolo della precarietà e della mercificazione del lavoro. A nulla sono serviti i dati complessivamente positivi sull'occupazione: infatti siamo l'unico Paese che registra, da alcuni anni a questa parte, un costante incremento del tasso di occupazione regolare e una significativa contrazione del lavoro temporaneo. Tuttavia va precisato che non ci sono ancora i segni - che la legge Biagi auspicava - di una effettiva fluidità delle regole che governano l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Le “44 forme di flessibilità” di cui la legge è accusata, mirano in realtà ad aggredire il mercato nero che è quattro volte superiore rispetto alla media europea”.
di Michele Tiraboschi

1. Trascorsi due anni dalla sua entrata in vigore , la dottrina giuslavoristica italiana si interroga sugli effetti e sul futuro della «legge Biagi» di riforma del mercato del lavoro . L'approssimarsi della scadenza della XIV Legislatura non agevola tuttavia il confronto. Come del resto già accaduto di recente in Germania e Norvegia , l'imminente competizione elettorale influisce negativamente anche sul dibattito scientifico che ne risulta fortemente condizionato. L'analisi tecnica e di merito - ma anche la stessa verifica empirica - degli effetti della riforma risultano così viziate, il più delle volte, da valutazioni politiche e pregiudiziali ideologiche. Con il risultato, per più di una ragione paradossale, che ben pochi passi in avanti paiono essere stati compiuti rispetto alle posizioni assunte, in ambito dottrinale, all'indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n. 30 del 2003 e, invero, ancora prima a partire dalle proposte e linee di riforma del mercato del lavoro contenute nel Libro Bianco dell'ottobre 2001. Quanti, a caldo e in prima lettura, si erano espressi in termini negativi sulla legge n. 30 del 2003 e sui relativi decreti di attuazione conferman...