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2007,
Numero 9/10/11

Turati e la democratizzazione dello Stato

L'utopia dell' amministrazione delle cose, piuttosto che degli uomini, quest'utopia che ha distinto tutto il socialismo riformista o rivoluzionario dell'Ottocento e del primo Novecento in Europa, è assai diffusa anche tra i riformisti italiani. Semmai l'analisi andrebbe proseguita, sino a coglier meglio il valore dello stato nuovo auspicato da Turati.
La necessità di democratizzare lo stato, infatti, per lui implica, da un lato, l'efficienza dello stato, e dall' altro un associazionismo responsabile, implica un sentimento vivissimo della collettività, implica servizi pubblici retti con disciplina e responsabilità, implica anche un rapporto fra ceti medi e operai che egli cerca come può di costruire nel primo decennio del Novecento.
Con altre discussioni connesse, che toccano pure temi di rilievo.
Come accade per Filippo, quando egli vede nella lotta per il rinnovamento dei congegni dello stato, per la nuova amministrazione delle cose, lotta condotta con serietà, con «un fondo di scrupolosità quasi pedantesco», l'antidoto contro la "politica" come "professione". Il «socialista professionale», a questa stregua, è solo una variante d'un malanno generale. «E' una cosa malvagia...
come il giudice professionale... come colla beneficenza, coll'avvocatura, con tutte le cose... Si diventa come la più parte dei preti, e come gli auguri antichi..,».
di Brunello Vigezzi

Anche l’esame delle “grandi riforme”, sostenute in età giolittiana dalla Kuliscioff, da Turati e dai loro compagni, anche l’analisi dello stesso criterio di “grandi riforme”, potrebbero esser ripresi utilmente in considerazione, partendo da una prospettiva adeguata. Le “grandi riforme” sono quelle tributarie, doganali, scolastiche, relative al mezzogiorno, all’agricoltura o all’industria, ai servizi pubblici, al suffragio universale e così via; con il tentativo ripetuto, da parte dei riformisti, di giungere a un programma organico, coerente, incisivo. Come si può valutare simile tentativo? La discussione sarebbe interessante; ma in gran parte è ancora da avviare. Oltre al saggio di Leo Valiani(l) in argomento non c’è molto; o, in ogni modo, gli studi si soffermano su questo o quel settore, senza badare più di tanto alla visione d’insieme, al nesso che lega il problema delle “grandi riforme” alla politica generale auspicata dai riformisti.
Il tentativo d’impostare un piano di “grandi riforme”, invece, fa tutt’uno con i giudizi che la Kuliscioff, Turati, i riformisti danno del paese, delle condizioni del movimento socialista, delle possibilità d’attuare la necessaria “rivoluzione”. E...