2008, Numero 12
Primavera di Praga, Bettino Craxi e Jiri Pelikan
Praga - L’esule cecoslovacco venne aiutato solo dal Psi che lo elesse in Europa
di Stefania Craxi
Credo che niente più della vicenda umana e politica di Jiri Pelikan possa illustrare il vero atteggiamento dei comunisti italiani verso la “Primavera di Praga”. Il Pci fu con Dubcek lo spazio di un mattino. Appoggiò all’inizio i riformisti; pubblicò su “L’Unità” un documento di dissenso dall’invasione dei carri armati sovietici ma tutto finì lì; nemmeno due mesi dopo inviò Cossutta a Mosca a fare atto di sottomissione e di ubbidienza e l’ubbidienza continuò fino alla fine, fino alla caduta del muro di Berlino, nel 1989. Jiri Pelikan è un comunista convinto. Capo della gioventù comunista, il più giovane deputato all’Assemblea Nazionale cecoslovacca, direttore generale della Tv nazionale. Nonostante i suoi trascorsi stalinisti (fu l’epuratore che cacciò dalle Università migliaia di studenti e centinaia di professori) appoggiò con convinzione Dubcek, che gli salvò la vita inviandolo all’Ambasciata di Roma poco prima di cadere. A Roma, Pelikan comincia a tessere le sue tele. Ha intorno a sé un nutrito gruppo di esuli, per lo più intellettuali, fra i quali spicca Ota Sik, un economista di fama mondiale. Conta sulle sue amicizie nel PCI, che non ha battuto le mani all’invasione sovietica...
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