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2011,
Numero 7

Fu omicidio politico. L’ostacolo era il riformismo

Comprese la natura della tattica fascista
di Ennio Corvaglia

Non solo la vicenda dell’assassinio “strategico” di Di Vagno è fissata nella sua storia, ma lo è stata, di conseguenza, anche quella dell’interpretazione e del modo di come la si è vissuta: dalle reazioni politiche all’intero iter processuale sino alla memoria che l’ha accompagnata. Del resto, anche in tempi più recenti, se dell’assassinio del parlamentare socialista è stato offerto un approccio che in parte si sottraeva al tradizionale paradigma del fascismo, nondimeno la figura storica di un Di Vagno martire della reazione continuava ad essere ritagliata su un cliché che, pur volendone esaltare la dimensione antifascista, ne svisava in qualche misura percorso e significato storico.
Come abbiamo visto, l’assassinio fu strettamente legato all’impressione suscitata dalle elezioni del ‘21, dal loro risultato nelle aree urbane e dal contesto aperto dal patto di pacificazione. Se è questo il quadro generale, nel quale il fascismo agrario, quello non “onesto” secondo la classificazione di Colapietra, giocò certamente un ruolo dirompente nel frantumare equilibri stabilizzati, si rischia tuttavia per qualche verso di configurare il delitto come frutto di una resa dei conti negli equilibr...