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2008,
Numero 5/6

1968, la libertà o la sua illusione

Una testimonianza dell’ex direttore della London School of Economics
di Anthony Giddens

È il maggio 1968. Non sono a Parigi, ma mi trovo a 6.000 miglia di distanza, in California, e lavoro come junior lecturer all’università di Ucla. Arrivato a Venice Beach, una città di mare dove avevo affittato un appartamento, assisto ad un evento furori dal tempo. La spiaggia è coperta a perdita d’occhio da persone abbigliate con lunghe vesti, colorate ma malandate e trasandate. L’aria intrisa di marijuana. Dietro di loro, sul marciapiede, una fila di macchine della polizia piene di agenti che ostentano minacciosamente i loro fucili. La tensione è palpabile. Prima di allora non avevo mai avuto a che fare con la marijuana, così come non mi era mai capitato di sentir pronunciare il termine “hippie” prima di quel giorno. Quella parola era usata sporadicamente in Gran Bretagna.
In Europa, i radicali erano a loro modo tradizionali. Si trattava di studenti ribelli ed il loro radicalismo non scavava troppo in profondità. In California, se volevi definirti radicale, dovevi esserlo in ogni cosa tu facessi. Conoscevo un tale, un convenzionalissimo professore di matematica, preciso ed ordinato, con i capelli curati, una moglie e una famiglia. Improvvisamente sparì dal campus per diversi mesi...