2009, Numero 3/4
A quando la Glasnost anche in Italia? Oggi per uno storico documentarsi è umiliante
Archivi ■ Siamo l’unico Paese europeo in cui le fonti per gli studi sono selezionati dalla Polizia
di Salvatore Sechi
Le condizioni degli archivi italiani sono da Terzo Mondo. Per passare una manciata di giorni negli Uffici storici del Ministero della Difesa, degli Affari Esteri, dei Carabinieri, della Fondazione Istituto Gramsci è necessario prenotarsi mesi prima. L’ora di apertura è intorno alle 9,45, la chiusura intorno alle 17 (i dicasteri militari il pomeriggio non lo destinano a chi studia e ricerca). Il sabato incombe la santissima festa del week end. Non c’è un battente che si schiodi, per la felicità degli studiosi che vengono da regioni e Stati lontani da Roma e anche dall’Italia. Nell’uso di macchine per fotocopie, microfilm, registrazione ecc. esiste la più paesana discrezionalità. Il “Gramsci” mi ha, di recente, negato l’autorizzazione a fotocopia re la documentazione archivistica richiesta. Trovo la misura cautelare certamente ragionevole per preservare l’esistenza delle carte custodite. Mi è sembrato,invece, irragionevole il divieto di fare fotografie di alcuni documenti (riguardavano la vicenda legata alla sottrazione di fondi e altro, da parte di Giulio Seniga, segretario di Pietro Secchia, all’inizio degli anni cinquanta. La Fondazione Istituto Gramsci le fotografie le accorda in...
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