2009, Numero 5/6
Il sentiero stretto tra libertà e sicurezza. L’intervento diretto può danneggiare il dissenso?
Analisi ■ Diritti umani e nucleare in Iran
di Massimo Teodori
In questi giorni il mondo occidentale si interroga sul da farsi di fronte alla repressione di Teheran: se restare inerti davanti al soffocamento della democrazia e dei diritti civili nella repubblica islamica, oppure se mettere in cantiere un intervento per aiutare il popolo iraniano a liberarsi dell’oppressione dei fondamentalisti islamici. Anche in passato, quando nella seconda metà del XX secolo sono esplose rivolte popolari per abbattere regimi totalitari, le democrazie occidentali si sono trovate ad affrontare un tale dilemma: nel 1956 a Budapest, nel 1969 a Praga, e nel 1989 sulla piazza Tiennamen di Pechino, sempre contro i dittatori rossi. Quest’anno la novità occidentale è rappresentata dalla presidenza americana di Barak Obama che ha inaugurato una politica estera - definita della “mano tesa” – nel tentativo di aprire il dialogo anche con quegli Stati, tra cui l’Iran, considerati dal suo predecessore George W. Bush “canaglia”. Ma i primi risultati dell’apertura enunciata con il discorso del Cairo sono stati negativi, prima per la risposta nucleare del Nord Corea, e poi per l’ostilità dimostrata dal vertice khameneista dell’Iran che ha assicurato con brogli elettorali l...
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