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2010,
Numero 8

Unfinished film

Il documentario sull’inedito di “Das Ghetto”
di Ilaria Calamandrei

Se aveste chiesto ad un medievale di disegnare una macchina, vi avrebbe disegnato non quello che vedeva, ma quello che sapeva. Pur vedendo la macchina di lato, con due ruote in vista, nel suo schizzo avrebbe rappresentato quattro ruote, perché sapeva che le ruote erano quattro. Oggi, il problema non sarebbe tanto quello di rappresentare quello che sappiamo, ma quello che vediamo: luce, prospettiva, colore, dimensioni proporzionate. La veridicità di quello che vediamo prescinde, dal punto di vista culturale, da quello che sappiamo di un soggetto. Quanto più un immagine è fedele, tanto più è credibile. Cosa succede però quando del soggetto non conosciamo nulla o quasi, e ci limitiamo a guardare le immagini dandole per scontate, ritagliandole dal contesto da cui provengono? Appartengono al 1942 le uniche immagini che possediamo del tristemente celebre “Ghetto” di Varsavia, trovate dopo la guerra in un archivio della Berlino est. Come Mussolini, Hitler era ossessionato dalla cinematografia. Il nazismo abbracciò con entusiasmo la lanterna magica capace di far muovere le immagini, di persuadere con un impatto mille volte più incisivo del più acceso dei discorsi, di far muovere il carroz...