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2011,
Numero 5/6

No alla violenza e intesa con cattolici e liberali

Il riformismo di Matteotti può ancora insegnare molto alla sinistra di oggi
di Gianpaolo Romanato

Nel tuo libro ti soffermi a lungo sul tema della violenza nella lotta poltica. Nella terza lettera a Turati, Matteotti scrive: “Complice involontario del fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicate dall’uno diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura dell’altro”. Nel gennaio del 21, inoltre, illustra alla camera una “mozione socialista contro ogni forma di violenza”. In che posizione si trova effettivamente Matteotti rispetto a questo tema, sia in linea di principio che nella prassi politica? E’ un’autocritica, è una “terza posizione” che presentava delle opportunità, o è una posizione velleitaria?
Matteotti non era un pacifista né un profeta disarmato. Era un socialista della prima ora, ben consapevole che la lotta politica, nel clima del tempo, poteva richiedere, uso le sue parole, “uno sforzo violento”. Al congresso del 1919 disse di essere contro i massimalisti “che vogliono l’insurrezione come fine e non come mezzo”, ma anche contro i riformisti che “vogliono le riforme come fine e non come mezzo”. Pensava insomma al socialismo come allo strumento per una radicale trasformazione dei rapporti sociali. Ma poi, vedendo crescere la v...