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2014,
Numero 4

I “premiati” dal Porcellum non devono fare riforme

Questione di onore (e per evitare trucchi)
di Stefano Carluccio

Dalla Critica Sociale a commento dell'accoglimento della Cassazione del ricorso.

La Cassazione finalmente ha potuto esprimersi sulla incostituzionalità della legge maggioritaria che viola non solo la rappresentanza popolare, ma che rende il voto diseguale con il premio di maggioranza e squilibra i quorum di garanzia per gli organi costituzionali. Sulla Critica Sociale Felice Besostri, promotore con l'avv. Bozzi del ricorso, racconta la travagliata vicenda e la censura meditica cui è stata oggetto per 5 anni (sebbene la stampa debba essere guardiana della pubblica opinione, purchè evidentemente, al di sotto della Cassazione...).
L'iniziativa del ricorso esaminato dll'Alta Corte è di 27 elettori in larga misura socialisti (Gruppo di  Volpedo - Nuovo Avanti).
Tuttavia le reazioni politiche immediate sembrano voler rallentare il passo del ritorno alla normalità Costituzionale per una errata realpolitik delle “ragioni di stato”, un'eccepire per senso pratico che sa di arbitrario e che a nostro parere sottovaluta l'effetto positivo che il ripristino della legalità costituzionale e della sovranità popolare nelle sue procedure formali avrebbe proprio sulla fuoriuscita dallo stato di crisi. Questo, come da 20 anni solo pochi avveduti, tra cui Craxi, previdero, ha le radici nella perdita di forza politica dello Stato, staccatosi dalla sovranità popolare, e nel degrado della politica ( come bene scriveva Giuseppe DeRita nell'editoriale del Corriere di lunedì).
Alcune osservazioni critiche flash sorgono quindi spontanee:
1. I parlamentari “nominati” non devono cambiare la Costituzione e gli “esterni” non dovrebbero  proporre testi al governo che poi li trasmetterà al Parlamento, così subordinando la formazione della sovranità alla emergenza della politica economica. L'universale al contingente. 
2. La ricostruzione dello Stato richiede politicamente il massimo coinvolgimento dell'elettorato. Tutti i cittadini ( in particolare i giovani che non hanno concosciuto la partecipazione democratica alla politica nazionale in questi 2o anni) si devono sentire partecipi della Repubblica in cui vivono, altrimenti la disaffezione diverrà insubordinazione e insurrezione. Non è solo questione di austerity (che fa da detonatore) ma di mancanza di orizzonte, diremmo di crisi spirituale. 
3. Serve urgentemente una Nuova Costituente eletta con suffragio proporzionale. Non è difficile: basta convocarla con procedura analoga al Decreto legislativo luogotenenziale del 10 marzo 1946, n.74 (rispettosa notazione per il sen. Quagliariello). Il governo non deve proporre testi ma un ordine del giorno che convochi il popolo a nominare i propri rappresentanti  per decidere della forma statuale esercitando cosi la sovranita che al popolo spetta. Questo è un diritto naturale dell'uomo (come ricorda la Cassazione) non dello Stato, tantomeno del governo. “In populo omnia”, diceva Cicerone. Stiamo ai classici, che hanno esperienza. Le novità non hanno portato bene.
4. Procedendo al contrario, invece, si inverte il rapporto tra il processo di formazione della sovranità e la forma del potere a cui la sovranità deve adeguarsi anziché su esso decidere. Bara chi professoreggia mettendo in successione - innaturale e illogica - la legge elettorale  alla forma del governo, dimenticando che le riforme elettorali fin qui inventate non solo hanno ignorato gli equilibri costituzionali esistenti - come non per caso sottolinea nella motivazione di rinvio alla Corte Costituzionale la Cassazione - ma persino ne hanno stravolto le funzioni.
E' una forma mentis da regime di “assolutismo illuminato”, che concede, compassionevole. Non è moralità di spirito repubblicano.
La tesi della subordinazione della legge elettorale alla forma di governo ricorda una “tesi” dei teorici (di questo ventennio) della cosiddetta Costituzione materiale, ovvero del primato senza lacci e laciuli dei “fatti compiuti” rispetto alle “procedure garantiste”: la costituzione materiale, e' una costituzione virtuale, inesistente se non come prassi di violazione della costituzione reale. Quella vera è quella scritta.
Del resto neppure la Costituente, che definì la forma e i rapporti  dei poteri,  disse una parola sulla legge elettorale per lasciare alla congiuntura storica la scelta più adeguata, per lasciarla cioè al “senso comune”, al senso storico del popolo, alla sua ultima determinazione in materia di modalità di formazione della propria manifestazione di sovranità. Se la Costituente non creò un nesso tra forma di governo e legge elettorale, ora ci vuol mettere il becco un governo qualsiasi? Quindi la legge elettorale non deve seguire alcunchè, ma ha un proprio principio autonomo e precedente: la forma dei poteri viene dopo la formazione della rappresentanza popolare nella sua più ampia estensione sovrana che in proprosito decide (il federalismo fa parte degli ordini del giorno).
Ora invece si segue la via stretta della stitichezza democratica. C'è un generale riflusso della sensibilità democratica anche tra i migliori, per abitudine circa la smemoratezza del principio di eguaglianza che riguarda la distribuzione della ricchezza morale del principio di libertà del quale diciamo ne costituisce la sua “ragione sociale”.