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2014,
Numero 5

Non sono i trent'anni che fanno il potere

Un commento sul neo segretario PD
di Rino Formica

“Si tratta di un'interruzione spettacolare del tran tran politico, oppure è un ciclo storico? Questo è ciò che si deve valutare: dobbiamo ancora capire chi sono, come si sono formati e ancor più chi rappresentano”. Rino Formica, classe 1927, intellettuale non organico nella segreteria di Bettino Craxi, ministro della Prima Repubblica, non ne fa una questione generazionale, non ha l'età per avere in antipatia i giovani. Semmai, ha qualche appunto da muovere alla generazione di mezzo, quella oggi rottamanda. Ma questi renziani, questi trentenni: non accetta che si confonda il dato biografico con quello politico. Non le sembra già chiaro, non sono semplicemente ciò che dicono di sé, la nuova generazione che trionfa per la sconfitta di un'intera classe dirigente? “Quando il soviet dei soldati, il soviet dei contadini e il soviet degli operai presero il potere si sapeva chi c'era dietro: l'esercito, gli operai, i contadini. Si sapeva il perché e che cosa sarebbe accaduto. Nel '43-'45 ci fu un cambio generazionale, ma dietro c'era la guerra persa, la classe dirigente fascista da cambiare, gli Alleati. Era chiaro chi rappresentava chi, con quali forze. Oggi la rottura di un ciclo è avvenuta senza traumi, come sbocco necessario per fare qualcosa di diverso o per offrire un passatempo al paese stremato”.
Non era un trentenne nemmeno quando al Midas, nel 1976, si presero il Psi: Craxi 42 anni, lui già 49. Quella che chiamarono la congiura dei quarantenni non fu solo un “fatto generazionale, fu il passaggio all'autonomismo autosufficiente del Psi”. Verifica dei poteri, come  per i soviet, come per la generazione costituente. “Sono questioni di storia, cioè profonde; non di cronaca, cioè di gossip e persone. Bisognerebbe non leggere i giornali”. Preferisce capire se la ribellione sociale di questi giorni sia guidata, o anonima. Così come capire il passaggio di poteri nel Pdl e nel  Pd, che non è avvenuto per confronto democratico, ma attraverso una scissione e una rottamazione presentata come generazionale.
Eppure, il dato di fatto è che è avvenuto: un passaggio, trentenni che prendono il comando dopo il fallimento dei sessantenni. “Ma non vedo la mano, dietro a Renzi. Nel novembre del 2012, D'Alema mandò avanti il suo ideologo Beppe Vacca che in un'intervista al Fatto disse: ‘Se Renzi si prende il partito, in due mesi lo mandiamo a casa'. Ora che cosa è accaduto? Renzi ha preso il Pd e D'Alema è stato mandato a casa in due giorni. Com'è stato possibile, se non è chiaro di quale forza sociale, reale, Renzi è il rappresentante?”. Nelle società contadine, dice Formica evocando per un attimo il vernacolo pugliese “si diceva che ‘da un guasto viene l'aggiusto'. Ma quelle erano società ordinate, lente. In questa società veloce, globale, basterà il guasto per fare l'aggiusto? Non so. Non è solo questione di biografia, di età. E' chi si muove e cosa rappresenta. La domanda è politica”.
Assodato ciò, ci sono da sistemare anche i vecchi. Quale ruolo possono avere? “Il problema non è cosa faranno, ma se saranno capaci di fare autocritica sul loro ventennio. Sono stati vent'anni di orgia distruttiva: dei partiti e dei sindacati, due corpi intermedi cui la Costituzione aveva affidato un ruolo decisivo nella rappresentanza democratica. Sono stati distrutti, non è un caso che la parola d'ordine oggi, al culmine di quei vent'anni, sia ‘rottamare'. Ma oggi è anche la vittoria della ragione: la vittoria del cambiamento che deve accadere. Però la ragione senza la tradizione, il passato, sarebbe solo spettacolo. Invece ci vuole anche questa emozione, la tradizione va usata per fecondare la ragione. Si può rottamare il personaggio, non quanto ha prodotto. Per questo ci vuole una verifica. Finora, ciò che crediamo di vedere limpidamente come un chiaro passaggio generazionale è invece un confuso passaggio politico”.