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2014,
Numero 7

“La conquista della Democrazia è uno stile di vita quotidiano”

Il discorso del Presidente Usa al ricevimento al Quirinale, dove ebbe il colloquio con Nenni (1° luglio 1963)
di J.F. Kennedy

Un importante tassello della strategia kennediana di allargamento della Democrazia all'Est europeo fu realizzato con il viaggio del presidente americano a Roma nel luglio del ‘63 (di seguito il suo discorso al Quirinale) per rafforzare l'alleanza tra Italia e Usa in seno alla Nato. A tal fine incontrò a lungo Pietro Nenni e, al termine del colloquio, auspicò la svolta di centro sinistra per isolare politicamente i comunisti con un più incisivo programma di riforme da parte di un governo sostenuto dal Psi. Nel tardo 1963 Aldo Moro compose il primo governo di centro-sinistra con la partecipazione attiva del Partito socialista, il cui leader Pietro Nenni ottenne la vicepresidenza: un successo postumo per Jfk.

Il saluto rivolto dal Presidente USA alla cena in suo onore offerta al Quirinale dal Presidente della Repubblica Italiana, Antonio Segni (1 luglio 1963).
Italia e Stati Uniti non sono mai stati alleati e partner così forti come lo sono oggi nella difesa della libertà. Soldati, marinai, piloti italiani ed americani sono impegnati fianco a fianco nel Continente. Gli uomini di Stato italiani hanno svolto un ruolo decisivo per la costruzione dell'unità europea e la partnership trans-atlantica. Diplomatici e militari italiani sono stati determinanti nel mantenere vitalità e garanzie delle Nazioni Unite. E nonostante l'inasprirsi dell'ostilità e dell'offensiva dell'Est comunista, l'Italia si è con fermezza mantenuta fedele ai principi della pace e della libertà.
Il mio paese crede nella pace. Noi crediamo che il mondo sia uno, che Est e Ovest possano imparare a vivere insieme sotto la legge, che la guerra non è inevitabile, che interrompere sul serio la corsa agli armamenti offra una sicurezza maggiore di quella offerta dalla sua infinita continuazione.
Ma simili progressi richiedono chiarezza e fermezza contro la minaccia lanciata da quanti si auto-definiscono nostri nemici. E con la mia presenza in questo paese, voglio ribadire quanto ho già avuto modo di dichiarare nel corso del mio viaggio: gli Stati Uniti d'America giudicano la minaccia alla vostra pace e libertà, una minaccia contro se stessi e non esiteranno, pertanto, ad intraprendere iniziative conseguenti.
Oggi tuttavia non ci lega solo la cooperazione militare. Quello che ha avvicinato ancora di più i nostri paesi negli anni del dopoguerra è il comune riconoscere, nella libertà, qualcosa di più che la semplice assenza di una tirannia; qualcosa che ha senso in sé, qualcosa capace di garantire non solo diritti teorici ma anche quel progresso economico e sociale che dia a tutti i cittadini la possibilità concreta di godere di quelle conquiste.
Grazie a questi progressi, Italia e Stati Uniti hanno raggiunto una nuova armonia, non solo in politica estera ma anche rispetto alle prospettive ed ai problemi politici interni.
Crediamo entrambi nelle conquiste della giustizia sociale e nel progresso per tutti. Crediamo entrambi che la democrazia sia quella cosa che gli americani definiscono le ‘radici', ovvero il porre l'individuo prima dello stato, la comunità prima della fazione, l'interesse pubblico prima di quello privato.
La crescita economica, industriale e del tenore di vita compiuta dal vostro paese negli anni del dopoguerra è stata davvero straordinaria. Una nazione un tempo letteralmente in rovina, asfissiata dalla disoccupazione e dalla pesante inflazione, ha saputo sviluppare produzione ed infrastrutture, stabilizzare la spesa e la valuta, creare nuovi posti di lavoro e nuove imprese ad un grado mai raggiunto prima in Occidente. 
Il merito di questi risultati va tributato a quanti vi hanno profuso impegno, spirito d'iniziativa e visione. Ma ancor più importante della ripresa economica è stata la rinascita della vostra libertà - la ricostruzione ed il rinnovamento di una forte democrazia progressista, dopo 21 anni di dittatura.
La democrazia, come entrambi i nostri paesi sanno, non è esente dai problemi. Al contrario, come ha osservato tempo fa Winston Churchill, la Democrazia è forse la peggiore forma di governo, a parte quelle che non sono ancora mai state sperimentate.
La Democrazia provoca ritardi, discussioni, contrasti. Impone agli uomini di pensare, oltre che credere, di guardare avanti oltre che indietro, di abbandonare quei particolarismi che bloccano il progresso della nazione. Ma quando le viene data l'opportunità di funzionare, la Democrazia sa contraddire radicalmente ed isolare le sirene di quegli estremisti che vorrebbero distruggerla. 
Negli Anni 30, quando la disperazione e la depressione spalancarono le porte delle nazioni a queste arcaiche e crudeli ideologie, il mio paese sotto la guida di Franklin Roosvelt ha scelto la strada della libertà. La sua Amministrazione ha consentito di compiere le più radicali riforme sociali, economiche e politiche mai realizzate prima, la riforma fiscale e del bilancio, la riforma agraria, la riforma politica e istituzionale. Ai lavoratori è stato dato un salario decente, agli anziani una pensione, agli agricoltori un prezzo equo per i propri prodotti. Ai lavoratori ed alle lavoratrici è stata data la possibilità di negoziare collettivamente i propri contratti. Alle piccole imprese, ai piccoli investitori, ai piccoli risparmiatori è stata data maggiore protezione dalla minaccia della corruzione e della depressione. 
E' stata portata l'energia elettrica nelle campagne, i fiumi sono stati bonificati, si è promossa la cooperazione. La giustizia, la giustizia economica e sociale, non solo quella del diritto, è sempre più un diritto ed un'opportunità per tutti i cittadini, indipendentemente dai mezzi e dalle possibilità di cui si dispone.
Non intendo dire che la battaglia per la giustizia sociale nel mio paese sia conclusa, almeno quanto non lo è nel vostro. Le conquiste della giustizia sono un processo infinito; la Democrazia deve essere uno stile di vita quotidiano. Ci sono ancora negli Stati Uniti diseguaglianze da eliminare. Stiamo lottando per ridurre le differenze geografiche che impediscono ad alcune comunità di partecipare alla ricchezza generale. Stiamo lottando perché l'assicurazione pubblica garantisca l'assistenza sanitaria ed ospedaliera anche a chi non è in grado di provvedere da sé, come mi hanno detto avviene già nel vostro paese. Stiamo lottando per aumentare i posti di lavoro senza far aumentare i prezzi, in modo da distribuire i benefici della ricchezza senza concedere nulla alle forze dell'inflazione.
E' molto importante quanto stiamo facendo oggi, nel tentativo di sradicare per sempre le ingiustizie e le diseguaglianze legate al colore ed alla razza, per garantire a tutti gli americani la stessa possibilità di realizzare la propria vita e la propria opportunità, come americani e come eguali figli di Dio. Non posso né concepire né accettare la discriminazione oggi patita dai cittadini neri in molte aree del paese, e sono determinato ad ottenere il consenso pubblico e privato necessari per porvi fine. 
Eppure nonostante vi siano ancora molti progressi da fare, in queste come in altre aree del paese, é un fatto che né il Comunismo né il Fascismo, nonostante i considerevoli sforzi, sono mai riusciti ad impressionare la testa degli americani. 
Come é stato sottolineato nei vostri interventi, il processo di libera riforma non é ancora ultimato in nessun paese, né mai lo sarà. Gli ostacoli su quella strada sembreranno sempre enormi, e potenti suoneranno le sirene tentatrici di chi, all'estrema destra e all'estrema sinistra, pretende di avere l'interpretazione più veritiera e le risposte più facili. Sono tuttavia convinto che Italia e Stati Uniti saranno sempre più vicini tra loro, perché essi condividono una comune dedizione alla giustizia sociale e al progresso, e l'ideale dei diritti umani e della dignità.
In entrambi i nostri paesi, diversi gruppi democratici e partiti politici perseguono questi obiettivi con strategie diverse. Ci sono e ci saranno differenze nei tempi e nelle tattiche. Sono molte le strade che portano al futuro; ma non c'é futuro in nessuna forma di tirannia.
Tutto questo non è estraneo agli obiettivi che ci poniamo rispetto al mondo. Se i nostri paesi sapranno rappresentare un vigoroso esempio di libertà; se raggiungeremo la piena occupazione, se metteremo sotto controllo l'inflazione, ridurremo le ineguaglianze e distribuiremo i frutti del benessere in ciascuna regione ed a tutti i cittadini dei nostri paesi; se sapremo soddisfare i bisogni di ogni famiglia, non solo garantendo una giornata di lavoro ad un salario equo, ma se daremo scuole e ospedali e case e servizi, allora potremo con più sicurezza e forza sostenere il nostro impegno per la sicurezza dell'Occidente, porre le fondamenta per una comunità Democratica Atlantica e suscitare libertà e speranza negli altri paesi.
Insieme potremo costruire solide dimore della libertà, dimore che tutto il mondo potrà ammirare e copiare ma dove nessun tiranno potrà mai entrare. Non sarà facile.
Non sarà indolore. Non è stato facile nel 1849 quando, a quanti erano ansiosi di seguirlo lontano da Roma per continuare la battaglia per la libertà, Garibaldi, gridando alla folla, disse: “Non offro denaro, né terra, né provviste. Offro fame, sete, marce forzate, battaglie e morte. Mi segua solo chi ama il suo paese col cuore, non con la bocca.”
Oggi lo spirito di Garibaldi e Mazzini e Jefferson e Lincoln richiama tutti gli amanti della libertà a perseguire - con determinazione, nel rischio, col sacrificio, nella ridefinizione della missione dei nostri due paesi e del mondo intero – l'obiettivo della libertà umana. 
Non è facile garantire il progresso attraverso la Democrazia, ma sono convinto che la Democrazia sia l'unica condizione in cui possa aversi il progresso. Il dato che a me pare il più importante tra quelli emersi nell'ultimo decennio, è che chi vende la propria anima al Comunismo, nell'errata convinzione che il sistema comunista offra una strada rapida e sicura verso il benessere economico, è completamente in errore. Berlino ne è un esempio lampante. L'Europa Orientale e quella Occidentale sono chiaramente all'opposto.
L'Unione Sovietica e la Cina, da una parte, il progresso dell'Occidente, dall'altra offrono un altro evidente contrasto. L'ultimo decennio ha definitivamente provato che il Comunismo è un sistema sopravvissuto al suo tempo, che la vera strada al benessere, la vera strada al progresso è la via della Democrazia.
Lo dimostra l'Europa occidentale. Lo dimostra il mio stesso paese.
Mi sembra incombere su noi tutti la responsabilità di fare in modo che gli Anni 60 siano ricordati per aver saputo fare una promessa chiara; in breve, costruire una difesa militare non solo per l'Occidente ma per ciascuno dei nostri paesi. Dare alla nostra gente quel tipo di progresso che dà senso alla libertà, che rende la libertà comprensibile, che rende la libertà qualcosa per cui valga la pena combattere. Questo credo abbiano appreso il popolo ed il Governo italiano. Il popolo ed il Governo americano lo hanno imparato. Credo che le prospettive per il futuro comune siano radiose. Credo ci si debba ancora impegnare molto per l'Occidente. Ma credo che le opportunità e le promesse dell'Occidente non siano troppo aldilà del nostro orizzonte. 
Quindi, Signor Presidente, in questo paese che negli ultimi anni ha fatto un lavoro così straordinario che ha permesso i grandi progressi che voi e noi abbiamo fatto, voglio fare un brindisi al popolo di questa nazione, sul quale dipendono così tanto le nostre speranze, ed alla leadership di questo paese, la cui amicizia ed il cui supporto sono per noi così importanti.  Ed a Lei, Signor Presidente, che in questi ultimi anni ha saputo dare direzione e senso al suo paese.

Ladies and Gentlemen, to the President of Italy