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2014,
Numero 7

Milano anticipa l'Italia. Il centro sinistra nel '61

Il resoconto dell'Avanti!
di Ugo Intini

In un clima cambiato, carico di speranze, si apre la campagna elettorale per le elezioni amministrative dell'autunno. Per i socialisti, l'obbiettivo è realizzare a Milano, città simbolo della tradizione turatiana, la prima alleanza con la DC, che sarà di esempio per il resto del Paese. Milano è il centro della battaglia politica dunque e l'Avanti! di Milano è il quartier generale di questa battaglia. La conduce innanzitutto il suo direttore Guido Mazzali . Membro della segre­ teria del Partito, segretario della Federazione di Milano, erede della storia riformista della città, Mazzali, pubblicitario oltre che giornalista, anche per la modernità derivante dalla sua esperienza professionale, esprime mglio di ogni altro lo spirito innovatore degli autonomisti: meglio persino del più anziano Nenni, sul quale ha un grande ascendente umano e professionale (gli suggerisce spesso titoli e slogan) oltre che politico. Milano è sempre sta­ ta la capitale economica del Paese, quella dove pertanto sono nate (e con­ tinuerà a essere così nei decenni successivi) le grandi svolte politiche, nel bene e nel male: dal socialismo, al fascismo, alla liberazione, alla repubbli­ ca (sino a Mani Pulite, al leghismo e al Berlusconismo). Mazzali e Nenni puntano adesso a una svolta di nuovo socialista, che spezzi il “Fronte della cretineria” (o la tenaglia conservatrice centrismo - PCI) e spinga per imi­ tazione il resto del Paese verso il centro sinistra tra democristiani e sociali­ sti. Le contraddizioni della città sono profonde, ma qui più che in ogni altra si sente il vento del cambiamento. Negli anni ‘50, l'inizio del miracolo eco­ nomico è stato travolgente, fondato tuttavia su un'evasione fiscale da terzo mondo. Come proprio l'Avanti! denuncia nel 1960, “è inaccettabile che uno dei padroni di Milano, amministratore delegato della Edison, come l'ing. Giorgio Valerio, fissi intorno ai 20-24 milioni il suo reddito annuo. Non è possibile continuàre a contrabbandare come verità il fatto che una città come Milano abbia soltanto 156 redditi superiori ai 20 milioni” Anche per effetto dell'evasione fiscale, le condizioni di vita e i servizi sono spesso altrettanto da terzo mondo.
Nella capitale economica del Paese, 13 case su 100 mancano dell'acqua potabile, 25 di servizi igienici con acqua corrente, 42 di bagno e 51 di riscaldamento centrale. La democrazia formale funziona, certo, ma in pratica ogni giovedì, a un tavolo riservato del ristorante Savini in Galleria, allora il più esclusivo, si riuniscono a colazione il capo cronista del Corriere della Sera Lanfranchi , il sindaco Ferrari , il segretario della Democrazia Cristiana Giambelli: e decidono tutto. Perché rappresentano un potere economico e politico ancora ristretto in poche mani.
Il Corriere è la voce delle grandi famiglie milanesi (da Falck a Pirel­ li) e una di loro (la famiglia Crespi) ne è la proprietaria. Si suol dire che se un fatto non appare sul Corriere è in pratica inesistente. DC e Comune gestiscono l'amministrazione quotidiana, con il prefetto (dipendente dal ministro dell'Interno democristiano) e il vescovo a tutela dell'ordine e del­ la moralità. Tutto sembra immutabile. Almeno sino al 1960. Perché da quel luglio in poi si respira nell'aria qualcosa di nuovo. Le grandi famiglie comandano , ma molti dei loro giovani eredi (a esempio Piero Bassetti) sen­ tono l'esigenza di collaborare in fabbrica con i sindacati e di superare la politica dei bassi salari per allargare i consumi. I professionisti più presti­ giosi, a cominciare dai grandi architetti, che avrebbero fatto la storia urba­ nistica dell'Italia, stanno ormai a sinistra e con i socialisti. Così come la parte più moderna dell'università e della cultura. Quando gli elettromeccanici scendono in sciopero a tempo indeterminato, si sente che la città è con loro e lo stesso arcivescovo Montini segue il sentimento popolare.
Sotto il titolo “Una lotta per il progresso”, l'Avanti! scrive: “Tutta la città era in piazza del Duomo, accanto ai lavoratori elettromeccanici e ai loro figli. Lo speaker che andava pronunciando i nomi delle personalità che avevano aderito alla manifestazione ha messo insieme- senza volerlo un elenco completo degli ingegni più vivaci della città. Perché c'erano quasi tutti i professori illustri scienziati, scrittori e artisti accanto agli operai e alle loro organizzazioni. E dal vicino Duomo persino il cardinale, nella sua omelia , sia pur esprimen­ do riserve sui motivi e i modi che hanno determinato la manifestazione, asseriva di non poter tuttavia ‘non compiangere le migliaia di famiglie operaie che oggi si trovano nell'indigenza e nell'angustia, con I'amarezza nel cuore e I'ansietà per il loro pane e il loro lavoro'. Dove non è difficile cogliere un chiaro, seppur prudente accento di condanna all'egoismo padrona­ le”18. Dialogo con la parte più aperta della Chiesa, appoggio agli operai e ai sindacati dal mondo delle professioni e dei saperi: nelle parole dell'Avanti! si intravede la solida base sociale che a Milano, capitale della modernità, può sostenere con successo il centro sinistra.
La svolta si avverte sul piano sociale ma anche su quello del costume. La Procura della Repubblica, d'accordo col prefetto e la commissione nazionale di censura, sequestra sì la Arialda di Giovanni Testori a teatro e i primi film “fuori dal coro”: da “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti a “.L'Avventura” di Antonioni, a “La giornata balorda” di Mauro Bolognini.
Ma la cultura si ribella: Gasmann, Franca Valeri, Caprioli incontrano Nenni durante la campagna elettorale a Milano e firmano un manifesto di protesta sull'Avanti!
Anche tra i magistrati qualcosa si muove. Il procuratore capo Carmelo Spagnuolo verrà premiato per i sequestri dei film con la promozione a capo della Procura Generale di Roma. Il suo moralismo non gli impedirà negli anni ‘70 di scrivere un “affidavit” (una sorta di incredibile lettera di raccomandazione) ai magistrati americani per garantire loro che Michele Sindona (inquisito per bancarotta a New York) è un assoluto gentiluomo. Ma i pubblici ministeri e i giudici di Milano gli sono ostili, si riuniscono al palazzo di Giustizia guidati da Beria D'Argentine (che resterà sempre in buoni rapporti con i socialisti) e manifestano per la prima volta la volontà di lottare in difesa dei principi costituzionali.
Tra loro, c'è anche il giovane Francesco Maria Borrelli, figlio del presidente della Corte d'appello Manlio (a sua volta con il padre giudice). Eleggono Beria D'Argentine segretario e Borrelli segretario organizzativo. L'Avanti! li difende sotto il titolo “L'Associazione dei Magistrati milanesi respinge le insinuazioni di politicità” .
In questo clima, nelle vele della campagna elettorale socialista soffia il consenso crescente degli intellettuali. Sull'Avanti! scrivono e annunciano il loro voto Mario Soldati, Arnoldo Foà, Arturo Carlo Jemolo, Giulio Argan (futuro sindaco comunista di Roma e candidato del PSI nella capitale), Tin­ tori, l'architetto De Carlo. A Milano, la lista dei candidati, aperta dal leader autonomista Guido Mazzali, comprende capi storici della socialdemocrazia, come l'ex ministro del Lavoro Ezio Vigorelli, che ha appena lasciato Saragat (lo si è ricordato nelle pagine precedenti) e lavora allo scopo di fare della città il punto di partenza per l'unificazione socialista. Accanto ai fun­ zionari di partito e ai sindacalisti, ci sono personalità della cultura, a comin­ ciare dal fondatore della rivista Il Politecnico Elio Vittorini, dall'architetto Marco Zanuso e dal pittore Baj. Ci sono soprattutto i radicali, con i quali i socialisti autonomisti hanno stabilito una alleanza organica. Tra loro, è già noto un giovane giornalista formatosi al Mondo, ora all'Espresso: Eugenio Scalfari. Sotto il titolo di prima pagina “Uomini di cultura a fianco dei lavo­ ratori” e accanto a una sua foto (senza barba) scrive: “Sono profondamente convinto che la sola possibilità che esiste per consolidare le istituzioni democratiche e sbarrare la strada a tentativi di avventure reazionarie consi­ ste nell'intesa tra la classe operaia e quei ceti medi che si trovano su posi­ zioni antifasciste e progressive. Per questo l'accordo elettorale intervenuto tra i partiti socialista e radicale non è soltanto un fatto meramente elettora­ le, ma esprime la presa di coscienza responsabile di questa chiave di volta della democrazia italiana. Ho sempre ritenuto l'autonomia del PSI come un fatto naturale e necessario e non mai come espediente tattico, come si com­ piacciono di definirlo i suoi troppo interessati critici”.
Il “milanese” Guido Mazzali capisce più di ogni altro lo spirito della città (quello nuovo e quello radicato nella sua storia).
Lo interpreta come nessun altro nel suo fondo alla vigilia del voto e lo indica come l'elemento di svolta per l'intera politica nazionale. “Non dico che Milano sia l'Italia - scrive - ma non si può negare che ne sia la forza propulsiva più ardita, il suo mercato commerciale più vario, il suo mercato finanziario più ricco, il suo mercato artistico più importante. Una popolazione vivacissima, costituita per due terzi almeno dagli immigrati, di ogni regione, qui confluiti con il meglio delle loro speranze e delle loro energie. Della popolazione attiva, fit­ ta come in nessuna altra città d'Europa, il 48 per cento è impegnato nell'in­ dustria, il 30 per cento nel commercio, il 15 per cento negli studi e nelle pro­ fessioni. Un reddito che è il 12 per cento di quello nazionale, il 18 per cen­ to circa dei settori industriali e commerciali, del credito, dell'assicurazione, dei fabbricati, dei trasporti. Così che se proprio non determina, il voto di Milano inaugura e condiziona. E sarà un voto, ci auguriamo, e auguriamo a tutti, all'insegna socialista. Mai nella breve stagione italiana di suffragio uni­ versale, le elezioni di Milano hanno avuto un significato così incidente negli orientamenti della vita nazionale.
È da Milano, da questa Milano operosa e fervorosa, da questa città europea, che è il cuore pulsante del Paese, che squillerà l'annuncio della vittoria socialista. È questa città che generosamen­ te dona tanto sangue alle vene povere del Paese che riporterà i socialisti alla direzione delle sue sorti, per vivificare la sua economia,per rompere il mono­ polio democristiano del potere, per ricondurre i socialdemocratici sulla giu­ sta via della loro originale ispirazione, per ridare slancio e coraggio ai catto­ lici democratici ora soggiacenti a una umiliante innaturale disciplina. Mila no operaia, Milano della resistenza, Milano avanguardia del progresso e del­ la libertà, chiede oggi ai milanesi e annuncerà domani agli italiani un sinda­ co socialista perché si inauguri nel Paese una nuova politica”21 • La domeni­ ca del voto, una terza pagina completamente dedicata a Caldara e Filippetti ricorda che una svolta socialista rientra nella tradizione della città. “I due più famosi sindaci di Milano - dice il titolo - Oggi nella cabina elettorale dobbiamo ricordarci di loro. Soltanto attraverso l'opera dei grandi ammini­ stratori socialisti Milano è diventata una grande città moderna e ha potuto assumere la funzione di guida, di vera ‘capitale morale', nei confronti di tut­ ta la Nazione”. Accanto, viene fotografato e riprodotto il titolo (ricordato
Milano, da questa Milano operosa e fervorosa, da questa città europea, che è il cuore pulsante del Paese, che squillerà l'annuncio della vittoria socialista. È questa città che generosamente dona tanto sangue alle vene povere del Paese che riporterà i socialisti alla direzione delle sue sorti, per vivificare la sua economia, per rompere il mono­ polio democristiano del potere, per ricondurre i socialdemocratici sulla giu­ sta via della loro originale ispirazione, per ridare slancio e coraggio ai cattolici democratici ora soggiacenti a una umiliante innaturale disciplina. Milano operaia, Milano della resistenza, Milano avanguardia del progresso e del­ la libertà, chiede oggi ai milanesi e annuncerà domani agli italiani un sindaco socialista perché si inauguri nel Paese una nuova politica”21 •
La domenica del voto, una terza pagina completamente dedicata a Caldara e Filippetti ricorda che una svolta socialista rientra nella tradizione della città. “I due più famosi sindaci di Milano - dice il titolo - Oggi nella cabina elettorale dobbiamo ricordarci di loro. Soltanto attraverso l'opera dei grandi amministratori socialisti Milano è diventata una grande città moderna e ha potuto assumere la funzione di guida, di vera ‘capitale morale', nei confronti di tutta la Nazione”.
Accanto, viene fotografato e riprodotto il titolo che salutò quasi mezzo secolo prima la vittoria di Caldara .
L'Avanti! ripubblica quel giorno anche un'altra famosa vignetta di Scalarini. Vi si vede un muscolo cardiaco palpitante, mosso dal lavoro di un operaio, dal quale si dipartono, controllate da un manometro, le arterie che portano a Genova, Torino, Venezia, alla galle­ ria del Gottardo e a quella del Sempione, ovvero all'Europa. “Milano -vi si legge - il cuore dell'Italia” . Questa è l'immagine che Mazzali ha con orgoglio della sua città. Milano lo ripaga e i socialisti vincono (più che nel resto d'Italia). Il titolo del quotidiano dice: “Superato il traguardo del ‘58 nelle consultazioni comunali. Il PSI conquista a Milano voti e seggi comunali e provinciali” 23. Non è una vittoria strepitosa. Ma è quanto basta per la svolta, che avviene però soltanto dopo due mesi di scontri durissimi. Si oppon­ gono i centristi democristiani. Il sottosegretario agli Interni Scalfaro tuona che un'alleanza con i socialisti lascerà “la porta spalancata alle peggiori for­ ze liberticide” .
Andreotti osserva. “Milano ha titoli nel campo industriale, ma nel campo politico ha sempre creato confusioni”. I “comitati cattolici dibase” affiggono manifesti affiancando le foto di Montini e del Primate d'Ungheria perseguitato dai comunisti, con la scritta “Lottiamo con rinnovato vigore contro l'apertura a sinistra, affinché un giorno il nostro arcivescovo non conosca la stessa sorte del cardinale Mindzentski”. Il Corriere della Sera martella perché vede con chiarezza come la Giunta di Milano sia per i socia­ listi “la prima tappa di un cammino che deve portare al Governo centrale”. “La politica dell'on. Nenni (che per dirla più cruda non ne ha mai indovi­ nata una) non può avere altri risultati che la disgregazione della DC”. “Han­ no perso ogni credito le dichiarazioni di autonomia dai comunisti dell'on. Nenni”. Persino l'ex presidente della repubblica Luigi Einaudi interviene sulle colonne del Corriere nella campagna contro ilcentro sinistra a Milano.
L'ing. Falck, dalle sue acciaierie, prevede “gravi ripercussioni sul piano nazionale e purtroppo anche sul piano internazionale”.
Ma Nenni, Moro e Saragat tengono la barra dritta e arrivano in porto. Ali'alba di domenica 22 gennaio 1961, dopo una notte di infuocato dibattito, il socialdemocratico Gino Cassinis, rettore del Politecnico, ·famoso scienziato e gentiluomo, è eletto sindaco della prima Giunta di centro sinistra, che aprirà la strada del­ la alleanza tra cattolici e socialisti in tutta Italia . “Battuta la destra a Milano”
-titola l'Avanti! E il fondo di Nenni (“Una breccia nel muro della conservazione”) commenta. “Milano si è assunta la funzione di pilota che è stata sovente la sua. La breccia che stasera si è aperta a Milano nel muro della conservazione non indica un punto di arrivo, ma di partenza” .
La tenaglia degli opposti conservatorismi si è spezzata. La Confindustria, i grandi giornali , i centristi democristiani accusano il colpo e i libera li di Malagodi promettono una battaglia senza quartiere. Ma anche dalla parte comunista della tenaglia si vede la minaccia e si risponde duramente. La reazione della destra è descritta dallo stesso Nenni . “La collera - scrive sull'Avanti! -ha assunto forme e toni intesi a dare l'impressione più che di un pericolo di una catastrofe”25 • I comunisti hanno votato contro la nuova Giunta in Consiglio comunale considerandola “an tidemocratica, in quanto compromettente la unità dei partiti che rappresentano la classe operaia”. E la loro reazione è affidata a un fondo di Pajetta sull'Unità . Al titolo dell'A­ vanti! che diceva “Una breccia nel muro della conservazione “, il quotidiano del PCI oppone il titolo “Una breccia o un puntello? “.
E Pajetta scrive. “Invece di sedersi su una poltrona di assessore , c'è ancora da lottare, da dare una spallata e senza di noi la spallata non si dà”
La tenaglia destra - PCI che cerca di schiacciare sul nascere la svolta partita da Milano sarà esattamente quella che continuerà a stringere con sorti alterne prima i socialisti di Nenni e il centro sinistra degli anni ‘60, poi i socialisti di Craxi e il centro sinistra degli anni ‘80.
Togliatti già ha capito dove porterà la Giunta di Milano e già insinua contro i dirigenti del PSI l'accusa che ritiene più infamante: “socialdemocratici”.
“Autonomia socialista - domanda infatti sull'Unità - vuol dire politica democratica o politica socialdemocratica? “.
E su Rinascita si dà la risposta. “Sul terreno ideologico , questo spostamento del PSI si è espresso soprattutto in un abbandono della concezione marxista e classista della democrazia. Sul terreno politico, esso si è manifestato in un indebolimento della lotta contro il monopolio democri­ stiano, nella parziale giustificazione della discriminazione verso il PCI , nella tendenza di fatto ad attenuare la lotta contro l'imperialismo”. Dopo la svolta di Milano, emergono dunque ormai con chiarezza tutti gli elementi del lungo scontro tra PSI e PCI che occuperà il resto del secolo, sino alla totale distruzione dei socialisti.