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2014,
Numero 8

Su Nenni scontro con Segni di fronte a Johnson

Saragat garante internazionale
di Critica Sociale

Preparato dal colloquio personale del giorno precedente, si svolge l'incontro ufficiale tra Segni e Johnson, in un clima collaborativo. Tra i temi affrontati: l'immigrazione italiana, la situazione europea e i rapporti con i paesi socialisti. Nella stessa giornata Segni legge al Congresso degli Stati Uniti un discorso centrato sull' intensifìcazione dei rapporti tra Stati Uniti e Europa. L'argomento del giorno è la nascita del PSIUP: le note diaristiche di Fanfani trascrivo­ no le insistenti voci su finanziamenti della destra agli scissionisti, mentre Nenni (che in giornata discute con l'ambasciatore tedesco la piena reintegrazione della Repubblica federale tedesca in Europa) annota soddisfatto la tenuta del PSI alla fuoriuscita della corrente di sinistra.

Colloquio Segni-Johnson alla Casa Bianca, con intervento del ministro Saragat e del segretario di Stato Rusk (15 gennaio 1964, ore 16).
Il Presidente Segni risponde ricordando che il Segretario di Stato Rusk ha parlato di un aumento della quota di immigrazione negli Stati Uniti per gli Italiani.
Il Presidente Johnson dichiara di essere perfettamente al corrente del­la questione. Egli dice di avere convocato i leaders del Congresso per sot­tolineare l'importanza che attribuisce all'approvazione delle misure pro­poste in argomento dall'Ammministrazione e dice di sperare che il prov­vedimento verrà approvato.
Il Presidente Segni, nel ringraziare, afferma che si tratta di una que­ stione morale e umana che è molto importante per il popolo italiano.
Il Presidente Johnson dice di avere un concetto molto alto dell'Amba­ sciatore d'Italia a Washington che considera un membro della sua “fami­ glia ufficiale”. Egli esprime il desiderio di mantenersi in stretti contatti con il Presidente Segni al fine di potersi awalere del suo consiglio, della sua esperienza e della sua saggezza.
Il Segretario di Stato Rusk parla poi della evoluzione della situazione in Europa Orientale. Ricorda di avere sottolineato in occasione dell'ultimo Consiglio Atlantico quanto si tenga da parte americana a mantenersi in stretto contatto con gli Alleati atlantici in merito alle relazioni bilaterali con i singoli Paesi satelliti. La questione presenta aspetti di particolare importanza, specialmente per quanto riguarda i rapporti fra Bonn e Varsavia. Ormai la Romania, l'Ungheria etc. sono troppo cresciute perché l'URSS possa comandare a loro come a dei ragazzini . (They have grown up too much to be spanked). Ciò offre loro la possibilità di riallacciare i tradizionali legami che avevano con Paesi dell'Occidente e offre pertanto all'Occidente una occasione per una utile azione nei loro riguardi.
Da parte americana si ha forse meno certezza sugli sviluppi dei rap­ porti con la Jugoslavia: è stato con notevole sforzo che si è riusciti a fare approvare dal Congresso il provvedimento che consente il mantenimento della clausola della Nazione più favorita nei riguardi della Jugoslavia e della Polonia. Nei paesi minori dell'Europa Orientale lo sviluppo in corso . fa parte di un cambiamento generale che si dovrebbe cercare di sfruttare ove possibile.
Il Ministro Saragat dice di aver ricevuto pochi giorni prima una visita dell'Ambasciatore di Jugoslavia che era latore di un invito per il Presiden­te del Consiglio Moro e per il Ministro stesso di recarsi a Belgrado nella prossima primavera.
A tale invito è stato risposto con una accettazione di principio, senza peraltro fissare ancora una data. Senza dubbio conviene all'Occidente di mantenere buoni rapporti con la Jugoslavia, in particolare che li manten­ga l'Italia che è con essa confinante. Nei confronti della Jugoslavia abbia­mo un piccolo problema di delimitazione di frontiera (si tratta di pochi kilometri quadrati) e vorremmo legare il viaggio a un accordo per la solu­zione di tale problema. I rapporti tra l'Italia e Jugoslavia sono buoni, e buoni sono i rapporti personali: sono ormai molti anni che gli Jugoslavi non ci attaccano, e ciò specialmente da quando l'Albania è andata assu­mendo posizioni sempre più cinesi. Non è che l'Albania costituisce una vera e propria minaccia, ma essa è per lo meno una centrale di finanzia­ menti, di propulsione per le correnti cinesi nei partiti comunisti nei vari paesi circonvicini, etc.
Un elemento positivo nelle relazioni italo-jugoslave è anche costituito dal fatto che le nostre economie sono complementari.
L'Italia intrattiene anche buoni rapporti con la Polonia. È piuttosto interessante rilevare che, appena insediatosi il nuovo Governo, l'ambasciatore di Polonia a Roma si è recato subito in visita dal Ministro Saragat, mentre gli ambasciatori degli altri Paesi satelliti hanno atteso una quindi­ cina di giorni per farlo, evidentemente perché aspettavano il “via” da Mo­ sca. La Polonia sembra al Ministro un Paese che si adatta alla situazione in cui si trova ma che, nel fondo del suo cuore, la tollera mal volentieri . A ciò contribuisce anche il fatto che i polacchi sono molto cattolici, nonché l'ascendente esercitato dal Cardinale Wyszynski .
In fondo i Paesi satelliti possono raggrupparsi in due categorie: quel­ li che gravitano intorno all'URSS per timore di una rinascita militare te­desca, quali - ad esempio - la Polonia e la Cecoslovacchia, e quelli che sono effettivamente filo-sovietici come, ad esempio, la Bulgaria. Quando i primi capiranno che il loro timore di una rinascita militare tedesca è ingiustificato e che il problema delle frontiere non verrà sollevato, essi si avvicineranno all'Occidente. Dai colloqui privati con gli Ambasciatori dei Paesi satelliti a Roma, il Ministro ha tratto l'impressione che quei Paesi si rendano conto che il governo tedesco non può giocare la carta delle fron­tiere orientali senza contropartite: ma che essi sanno che il problema è praticamente risolto e che esso non può essere risollevato politicamente dalla Germania . Il Ministro aggiunge a questo punto che, ovviamente , quando egli parlava di non sollevare il problema delle frontiere intendeva riferirsi alle frontiere che separano attualmente paesi diversi - e special­ mente - alla linea Oder-Neisse - e non alla arbitraria frontiera tracciata dentro alla Germania e che spacca tale paese in due.
Secondo il Segretario di Stato Rusk, l'URSS e i Paesi dell'Europa orien­tale capiscono che la questione della linea Oder-Neisse è praticamente ri­solto (del resto De Gaulle lo aveva annunciato quattro anni fa; e non sembra vi sia stato interesse recente di opinione pubblica di quei Paesi alla questio­ne, ma i Governi vorrebbero che essa venga ufficialmente sistemata).
Il Ministro Saragat risponde che è sua impressione che i polacchi si­ ano in buona fede - anche se hanno torto - nel loro timore di una rinasci­ ta militare tedesca: e di questo sentimento va tenuto conto.
Il Segretario di Stato Rusk osserva che vi è attualmente una crisi di Panama negli Stati Uniti e una crisi a Panama. [...]
Il Presidente Johnson dice che la visita del Presidente Segni è stata meravigliosa e che desidera che essa si rinnovi nel suo Ranch in Texas sempre che le elezioni del novembre prossimo lo confermino alla Presi­denza degli Stati Uniti. Egli domanda infine se da parte italiana vi siano eventuali suggeri­menti in merito a possibilità di alleggerire la tensione tra Est e Ovest.
Il Presidente Segni esprime l'avviso che, se non si cerca di risolvere il problema centrale di Berlino, tutto il resto rimane difficile_. Egli ricorda al riguardo le proposte a suo tempo presentate dal segretario di Stato Rusk, che i sovietici hanno lasciato cadere.
Il Presidente Johnson dice di aver chiesto al Cancelliere Erhard che cosa la Germania può dare per ottenere quello che deve avere. Il Cancel­liere ha detto di concordare su tale impostazione ma di non poter rispondere lì per lì: per i tedeschi occorre pensarci sopra. Il Presidente prosegue dicendo che viviamo su una polveriera e che vorremmo toglierci: ma cosa si può offrire?
Il Presidente Segni risponde che se l'URSS fosse in buona fede nella sua richiesta di un Patto di non aggressione, tale [patto] potrebbe avere [funzione] di contropartita dell'Occidente rispetto a Berlino.
Il Presidente Johnson domanda quali effetti da parte italiana si ritiene che possa avere il riconoscimento della Cina comunista da parte francese. Il Presidente Segni risponde che si tratterà di effetti certamente dan­nosi che fra l'altro permetteranno forse alla Cina comunista di installarsi in Africa.
Il Ministro Saragat aggiunge che tale riconoscimento creerà difficoltà di carattere interno per Paesi democratici quali l'Italia.
Il Presidente Johnson dice che gli Stati Uniti non possono stabilire loro la politica estera della Francia; e domanda se da parte italiana si pos­sa fare qualche cosa per impedire il riconoscimento francese.
Il Presidente Segni domanda se i francesi abbiano già adottato la de­cisione di riconoscere la Cina.
Il Segretario di Stato Rusk interviene dicendo che “no action has been taken” ma che da parte americana ci si attende che de Gaulle intenda di­scutere tale questione al più presto con i suoi partners della Comunità Europea.
Il Presidente Johnson afferma essere prematuro dire quando la Fran­cia procederà [al] riconoscimento: ma quando vorrà effettuarlo, cosa si potrà fare?
Il Presidente Segni dice che bisognerà fare un passo presso i francesi sottolineando come il riconoscimento crei per noi delle difficoltà interne: come esso costituisca anche un pericolo per i francesi attraverso la inten­sificazione dei rapporti fra la Cina e l'Algeria.
Il presidente Johnson esprime l'augurio che, qualunque cosa da parte italiana si decida di fare al riguardo, la si possa fare quanto prima.
Il Ministro Saragat rileva che da parte italiana non si è disposti a ri­conoscere la Cina, non intendendosi fare qualcosa di sgradito per gli Sta­ti Uniti: e non vi è dubbio che per la Cina comunista il riconoscimento è qualcosa che è legato all'intento di infliggere umiliazioni agli Stati Uniti e l'eventuale riconoscimento francese di Pechino aumenterà gli imbarazzi politici interni per l'Italia, ma avrà anche effetti negativi per l'opinione interna francese.
Il Presidente Johnson si domanda se non si può chiedere a De Gaulle di discutere della questione prima di adottare una decisione, ma rileva che potrebbe essere un atto imminente.
Il Ministro Saragat osserva che la questione dipende anche in parte dai britannici: è vero che il loro riconoscimento era stato effettuato prima della guerra di Corea, ma ad ogni modo la esistenza di rapporti diploma­tici tra Londra e Pechino ha dei riflessi anche sugli altri Paesi occidentali.
Pensa che della questione si potrebbe parlare eventualmente in sede UEO.
Il colloquio termina alle ore 17,15.