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WWW.CINA-RUSSIA.GLOBE
WORLD WITHOUT WEST, UN MONDO SENZA L'OCCIDENTE

Entrambi i paesi asiatici hanno molto in comune: il terrore per l'instabilità, il nazionalismo. Il loro motto - sostiene Edward Lucas dell'Economist - Il loro motto comune (rivolto all'occidente) è "Non abbiamo bisogno della vostra democrazia quando abbiamo una crescita come la nostra"

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Francesca Morandi

Un mondo senza l'Occidente dove Russia e Cina divengono i pilastri di un nuovo ordine mondiale nel quale una visione statalista dell'economia, un isolazionismo in campo internazionale e poco rispetto per la democrazia prevalgono nella maggioranza dei Paesi del globo.  È stata definita da alcuni analisti come il  “World Without the West” o il WWW, la strategia che emerge dall'avvicinamento tra Mosca e Pechino e  si concretizza nell'Organizzazione di Cooperazione di Shanghai un'alleanza che potrebbe dar vita a un potente asse di sicurezza tra Russia, Cina e Asia Centrale alternativo a Stati Uniti e Europa.
 
 «Il WWW segue un approccio strettamente pragmatico, evita atteggiamenti ideologici (considerati ipocriti) e detesta le interferenze esterne negli affari interni di altri Stati - spiega Edward Lucas, corrispondente del settimanale britannico Economist  in Asia Centrale e autore del libro “La Nuova Guerra Fredda”, sottolineando che il possibile ordine globale si baserebbe su di una prospettiva antitetica a quella dell'internazionalismo liberale americano. «Non si attuerebbe tuttavia un completo rifiuto dell'Occidente - precisa Lucas -  Il WWW punterà infatti alla cooperazione economica con il mondo industrialmente più avanzato al fine di colmare le differenze esistenti in materia di educazione e tecnologia» 

Da un punto di vista militare il WWW si traduce nel Shanghai Cooperation Organization (SCO), un accordo siglato il 15 giugno 2001 da Russia, Cina, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Uzbekistan a Tajikistan. Il SCO è collegato alla risposta di Mosca alla Nato, ovvero al Collective Security Treaty Organization (CSTO) che include i 5 Stati dell'ex Unione Sovietica sopra citati ai quali si aggiungono Armenia e Bielorussia. Nel quadro del CSTO Mosca mette a disposizione dei suoi partner armi e la possibilità di compiere esercitazioni militari in Russia a costi di favore. È stata costituita inoltre una forza militare collettiva di risposta rapida in Asia Centrale che si aggiunge alla “rete” di sicurezza creata dal SCO che si estende dal Mare Artico a quello della Cina del Sud, dallo Stretto di Bering ai confini polacchi.

L'attuale premier russo Vladimir Putin ha affermato che ogni paragone tra il SCO e il “Patto di Varsavia” è «improprio sia nella forma sia nel contenuto». Resta il fatto che sta prendendo forma un'ampia alleanza  difensiva, apparentemente in funzione anti-occidentale e sostenuta da Mosca e Pechino.  Lo scorso agosto si sono tenute, nel Turkestan cinese, esercitazioni militari congiunte tra membri del SCO. Per la prima volta mezzi militari russi hanno preso parte a esercitazioni in Cina. Contemporaneamente alla firma del SCO, è stata inoltre sottoscritta la Convenzione di Shanghai (Shanghai Convention), un accordo volto a riunire i Paesi membri del SCO in un fronte comune contro il terrorismo, il separatismo e l'estremismo.

La partnership strategica tra Russia e Cina è stato uno dei successi di Putin: da quando l'ex presidente è salito al potere, il commercio con “il Gigante Rosso” è triplicato.  La Cina ha investito 500 milioni di dollari nella Rosneft, il colosso petrolifero legato al Cremlino, e la Russia ha deciso di avviare la costruzione di un gasdotto che passerebbe in territorio cinese. Sia Mosca sia Pechino condividono una forte avversità per i valori universalistici dell'Occidente e sono convinti che la crescita economica sia prioritaria rispetto alla diffusione dei principi democratici. «Entrambi i Paesi hanno molto in comune: il terrore per l'instabilità, il nazionalismo - afferma Lucas - Il loro motto comune (che rivolgono all'Occidente) è:  “Non abbiamo bisogno della vostra democrazia quando abbiamo una crescita come la nostra”».

L'alleanza strategica Russia-Cina non è tuttavia priva di rivalità. Mosca e Pechino possono essere amici nel comune obiettivo di tenere gli Stati Uniti fuori dall'Asia centrale (una regione che comprende il Mar Caspio, considerato il terzo più grande giacimento petrolifero al mondo) ma si trovano ad essere rivali in quella stessa area, dove pure Kazakhstan e Uzbekistan vogliono avere un peso.
«La Cina sta cercando strenuamente di stringere accordi bilaterali sul gas con il Turmekistan e con il Kazakhstan, accordi che andrebbero contro gli interessi della Russia», sottolinea il corrispondente dell'Economist che definisce l'avvicinamento di Mosca e Pechino come «l'alleanza tra un coniglio e  un serpente boa». Come dire, due amici innaturali che istintivamente sono pronti a farsi del male a vicenda. I loro interessi restano tuttavia convergenti sotto il profilo economico: la Cina ha una popolazione enorme ma è carente di risorse naturali (a parte il carbone) mentre la Russia ha una popolazione ridotta e regioni ricche di minerali.

Nel braccio di ferro si potrebbe ipotizzare una maggiore forza di Pechino che, per attingere a risorse energetiche, potrebbe rivolgersi a partner alternativi alla Russia, la cui economia è invece estremamente dipendente dalle esportazioni di petrolio e gas. Con la sua economia di un miliardo di persone e una crescita che corre su tassi del 9-10%, la Cina rappresenta la locomotiva del sistema economico internazionale. Pechino è consapevole che nessun Paese può permettersi di indebolire la sua potenza economica per costringere il suo governo a modificare la propria condotta politica (un esempio sono le deboli pressioni che l'Occidente sta facendo sulla questione del Tibet), anche solo per il fatto che l'economia cinese è molto integrata con quella globale.
«È interessante osservare che quello che sta accadendo nel Paese comunista dimostra che il capitalismo non è necessariamente alleato della libertà e della democrazia – osserva Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - Pechino offre un pericoloso modello di capitalismo autoritario, alternativo al nostro capitalismo liberale. Un modello, quello cinese, che risulta attrattivo per la Russia così come per molti Stati  asiatici e africani. Questo è un dato di realtà preoccupante al quale se ne aggiunge un altro: se la Cina continua a crescere in maniera così forte ma resta un sistema autoritario, in futuro farà pesare il suo ruolo sul sistema politico internazionale. E a quel punto sarà Pechino a dettare la sua visione dei diritti e imporre i suoi interessi».  Insieme alla Russia nel WWW o da sola.  






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