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NUOVO ACCORDO GAZPROM-TEHERAN. MA SU "PEACE PIPELINE" L'IRAN DAILY MINACCIO' L'INDIA UNA SETTIMANA PRIMA DEGLI ATTENTATI

Alla vigilia dell'attentato terroristico in India, l’Iran conclude un accordo energetico con la compagnia russa e consolida la collaborazione con il Cremlino. La stampa iraniana indimidisce New Delhi: “O con noi o con lo Zio Sam”. Il resto è cronaca del week end

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Fabio Lucchini

Lo scorso 13 luglio, la compagnia petrolifera iraniana, Nioc (National Iranian Oil Company), ed il gigante russo del gas, Gazprom, hanno siglato un accordo per lo sviluppo dell'industria iraniana del petrolio e del gas. Nel presentare gli accordi, il ministro iraniano del petrolio, Gholamhossein Nozari, ha dichiarato come Iran e Russia siano sempre più determinati ad espandere la loro cooperazione già "positiva nell'arricchimento dell'uranio iranniano". Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha sottoscritto pienamente, mentre l'amministratore delegato di Gazprom, Alexei Miller, è entrato addirittura nel dettaglio, specificando l'interesse della sua società all'implementazione dei progetti per lo sfruttamento di gas e petrolio nell'area di Pars, di Azadegan e nei campi del Mar Caspio. Oltre alla collaborazione nello sviluppo delle infrastrutture legate all'estrazione ed alla distribuzione di petrolio, la partnership prevede l'ipotesi di una partecipazione di Gazprom al progetto di pipeline Iran-Pakistan-India (minacciata dal Iran Daily e già nel mirino sin dall'attentato a Benazir Bhutto), la cosiddetta Peace Pipeline (avversata dagli Stati Uniti) che dovrebbe trasportare il gas naturale iraniano sino al mercato indiano, passando per il Pakistan.

La firma del trattato Gazprom-Nioc è stata anche l'occasione per un incontro Ahmadinejad-Miller. Oggetto di discussione l'obbiettivo reciproco di trasformare il Forum dei Paesi produttori di gas in un'organizzazione internazionale vera e propria. Un'ulteriore evoluzione della cosiddetta “Opec del gas.” Una prospettiva inquietante per i consumatori occidentali. Da parte loro, Ahmadinejad e Miller smentiscono e tentano di tranquillizzare quanti accusano Iran e Russia di volersi porre alla testa di un cartello in grado di controllare l'offerta e i prezzi della preziosissima risorsa.

Per isolare l'Iran, sostiene Ghanbar Naderi per il quotidiano iraniano Iran Daily, i governi occidentali stanno premendo sulle rispettive compagnie nazionali attive nel settore energetico perchè si astengano dallo stringere accordi con l'Iran. Accordi che potrebbero, indirettamente, agevolare il cammino del Paese verso l'acquisizione della tecnologia nucleare. Come risposta, Teheran sta rafforzando i propri legami con società russe e asiatiche e ribadisce di essere in grado di proseguire sulla strada del nucleare civile.

Non casualmente, la trattativa con Gazprom si è conclusa felicemente il giorno successivo la decisione della compagnia francese Total di abbandonare un multi-miliardario progetto legato allo sfruttamento del petrolio e del gas iraniani. I vertici della società hanno giustificato la loro scelta sostenendo di aver ritenuto eccessivi i rischi politici di un oneroso investimento in Iran, in considerazione della delicatezza della posizione internazionale del governo degli ayatollah. Ahmadinejad lo ha recentemente detto a chiare lettere: l'Iran non intende bloccare l'arricchimento dell'uranio. Intanto, le tensioni con Israele crescono…

La stampa iraniana interpreta il rafforzamento dei legami energetici con il Cremino in chiave politica. Ora, oltre ad essere un attivissimo partner del programma nucleare di Teheran, la Russia, entra con decisione nel lucroso mercato energetico iraniano, evidenzia Amir Ali Abolfath sempre dalle colonne dell'Iran Daily. Mosca e Teheran controllano insieme oltre il 70% delle riserve globali di gas. Di conseguenza, continua l'editorialista iraniano, è facilmente immaginale l'influenza che i due Paesi possono esercitare sulle dinamiche dei mercati energetici ed il ruolo che sono in grado di giocare sullo scacchiere geopolitico regionale ed internazionale.

Particolarmente interessante l'analisi riservata dal commentatore del Daily all'India. Infatti, se pare consolidarsi la tendenza dei Paesi occidentali ad allentare i propri legami commerciali con Teheran, in particolar modo nel comparto energetico, l'atteggiamento dell'India nei confronti dell'Iran si rivela più ambiguo. Da un lato, New Delhi sembra interessata a partecipare al progetto della Peace  Pipeline, che come anticipato coinvolgerebbe anche il Pakistan, dall'altro, le autorità indiane cercano pretesti per ritardare la conclusione dell'accordo. Una simile postura può essere spiegata in due modi: o l'India vuole ingraziarsi il governo americano, dimostrando di essere pronta a rinunciare ad un sostanzioso affare pur di allinearsi con Washington contro l'Iran, oppure i tentennamenti di New Delhi mirano solo a strappare concessioni economiche più vantaggiose al governo di Teheran. Insomma, o con noi o con lo Zio Sam! Questo il perentorio invito.

E' evidente, prosegue sibillino l'editorialista del popolare quotidiano di Teheran, che il governo indiano dovrà sciogliere al più presto le sue riserve, soprattutto in un quadro internazionale caratterizzato dai continui rialzi del prezzo del petrolio, dei suoi derivati e dello stesso valore del gas naturale. Se a New Delhi qualcuno si era brevemente illuso che l'uscita di scena di Total potesse mettere pressione all'Iran, ed indurlo a fare concessioni economiche rispetto alla Peace Pipeline, l'accordo Nioc-Gazprom ha rappresentato un brusco risveglio. Il governo indiano dovrebbe comprendere, così come le compagnie occidentali, che il mercato energetico è troppo allettante e redditizio perché qualcuno possa privarsi a cuor leggero di opportunità di investimento in nome di considerazioni politiche di corto respiro, conclude Abolfath.

L'irritazione iraniana nei confronti di New Delhi è sicuramente dovuta al fatto che, rispetto alla Cina (l'altro gigante asiatico emergente), il governo indiano si dimostra meno collaborativo e condiscendente nei confronti di Teheran. Il ruolo indiano si è evoluto nell'ultimo scorcio di ventesimo secolo e nei primi anni del terzo millennio. Dopo essere rimasta neutrale durante la Guerra Fredda, New Delhi pare infatti sempre più configurarsi come un partner naturale per gli Stati Uniti e l'Europa. L'alterità indiana rispetto al modello cinese è stata evidentemente colta anche a Teheran e l'episodio della Peace Pipeline sembra confermare la progressiva divaricazione fra l'Iran e il costituendo asse Mosca-Pechino da un lato e l'India, l'Europa e gli Stati Uniti dall'altro. E' prematuro parlare della formazione di due blocchi, destinati a competere nel mondo multipolare del prossimo futuro, ma è altrettanto innegabile l'insorgenza di divergenze economiche, strategiche e valoriali sempre più accentuate. Non può infatti sfuggire la distanza che separa i regimi autoritari di Pechino e Teheran, ma anche la “democrazia sovrana” di Mosca, dalla complessa, ma funzionante, realtà della “più grande Democrazia del mondo”, che sopravvive da sessant'anni in un Paese di oltre un miliardo di persone e ancora segnato dalla povertà.

Sotto questo profilo, l'irresistibile ascesa politico-economica dell'India desta motivi di ottimismo a Bruxelles e Washington, ma quanti credono di trovare in New Delhi un partner remissivo e pronto ad appoggiare, sempre e comunque, il punto di vista americano ed europeo potrebbero rimanere amaramente delusi. Il futuro dell'India è tutto da scrivere. New Delhi, come ogni potenza emergente, lo farà in autonomia, tenendo conto principalmente dei propri interessi nazionali






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