SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA-20 marzo
di Critica Sociale
THE GUARDIAN Kowtowing to the Chinese Michael White
“Parlando al telefono, ieri, con Wen Jiabao, Gordon Brown e il suo omologo cinese hanno concordato sulla necessità di porre fine alla violenza in Tibet. Bene, ma la violenza di chi? Dipende, poiché su questo sono state date versioni diverse. La Reuters ha scritto che dopo aver riferito a David Cameron la decisione di incontrare il Dalai Lama nella sua visita a Londra il prossimo maggio, Brown ha dichiarato “con assoluta chiarezza che si deve porre fine alle violenze in Tibet.” Ma 5 mila miglia più ad est, l'agenzia Xinhua scriveva che Brown avrebbe dichiarato anche che la “Gran Bretagna si oppone ad atti di violenza criminale”, intendendo quelli perpetrati dai ribelli nazionalisti tibetani – i “separatisti”, come li chiama Pechino. Il che ha tutt'altro che l'aria di uno showdown diplomatico, una eventualità scongiurata da alcuni stati europei come dagli Stati Uniti nell'attuale caos finanziario occidentale, date le enormi riserve di valuta straniera in mano alla Cina, e il suo crescente peso economico e diplomatico in Asia, Africa ed alle Nazioni Unite.”
LE MONDE Etats-Unis-Europe, "pacte global" John McCain Il candidato repubblicano alla Casa Bianca, John McCain, scrive su Le Monde un appello per il rilancio delle relazioni transatlantiche, una sorta di manifesto al multilateralismo.“Americani ed Europei – scrive McCain – condividono un comune obbiettivo: stabilire una pace duratura fondata sulla libertà. Oggi, le nostre democrazie sono forti e dinamiche e insieme siamo in grado di opporci alle minacce con le quali ci confrontiamo, dal fanatismo religioso che utilizza il terrorismo come arma prediletta, al preoccupante slittamento della Russia verso l'autocrazia, o ancora la drammatica minaccia legata al cambiamento climatico ed alla degradazione del nostro pianeta. Ma la parola fondamentale – osserva – è “insieme”.”
THE GUARDIAN Five years on
“L'America deve internazionalizzare la soluzione al conflitto, non soltanto sostituendo le proprie con truppe di paesi neutrali, ma promuovendo una conferenza per la sicurezza della regione con i paesi confinanti con l'Iraq.Solo quando saranno coinvolti gli sponsor della violenza, i gruppi da loro finanziati ed armati cominceranno a negoziare. Dovranno quindi essere avanzate proposte nuove. Il ritiro delle truppe farà ricadere l'Iraq nel caos? Niente è garantito, come nulla è garantito dal mantenimento della situazione attuale. Non ci sono soluzioni buone in assoluto, ma solo soluzioni meno peggiori. Cinque anni fa, gli iracheni volevano la rimozione di Saddam e allo stesso tempo la rapida partenza delle truppe americane. Cosa che non è mai avvenuta. Oggi, aumenta l'ottimismo per il futuro, ma il 70% degli iracheni chiede il ritiro. È arrivato il tempo di ascoltarli.”
LE FIGARO La double leçon irakienne
“Cinque anni dopo, sono più o meno tutti d'accordo nel dire che la guerra in Irak è stata un errore. Saddam Hussein non possedeva armi di distruzione di massa e la caduta del dittatore, di per sé una cosa positiva, non ha messo il mondo arabo sulla strada radiosa della democrazia. Nella battaglia, gli Stati Uniti hanno perduto molti soldati, speso una valanga di denaro e, soprattutto, dilapidato il capitale di simpatia di cui godeva nel mondo. Bernard Kouchner sbaglia nel dire che l'America non ritroverà mai più la sua “magia”, ma è vero che il prossimo presidente degli Stati Uniti dovrà impegnarsi a restituire al suo paese l'autorità ...
pagina successiva >>
|