Riproporre a 50 anni di distanza le vicende della ‘rivoluzione ungherese' del 1956 contro l'oppressivo regime comunista di Rakosy non ha per noi un valore celebrativo, ma un sensopolitico. Quei ‘fatti' (come vennero definiti) hanno lasciato un indelebile segno negativo nella storia del ‘socialismo reale'. Furono profetiche le parole di Amintore Fanfani nel discorso parlamentare tenuto dopo l' invasione sovietica del 4 novembre: “…verrà il giorno in cui sarà palese che nella recente tragedia magiara la ribellione delle vittime e l'apparente trionfo dell'oppressore hanno segnato il primo declino di un sistema innaturale e inumano…”.
I drammatici eventi di Budapest, molto più del ‘rapporto Kruscev' al XX congresso del PCUS, divennero, a sinistra, lo spartiacque tra chi aveva compiuto la scelta della democrazia come fattoreinscindibile dal socialismo, e chi metteva in discussione il sistema ‘democratico borghese', da superare (per arrivare alla ‘democrazia popolare') una volta ‘conquistato il potere'. In Italia, dopo un lungo periodo di stretta alleanza ‘frontista' del PSI con il PCI che era in atto dalla metà degli anni '30 (nell'esilio), quello fu il momento della rottura dei socialisti con i comunisti. L'eco della anguinosa repressione della rivolta condotta dagli operai e dagli studenti ungheresi fu enorme non solo tra gli intellettuali e quella parte della cittadinanza informata e attenta alle vicende internazionali. Anche in Italia operai e studenti, militanti e quadri socialisti (e una parte di comunisti) furono fortemente influenzati dagli accadimenti Per il Partito Socialista Italiano quella fu una svolta di non ritorno. La politica dell'autonomia socialista ebbe inizio in quel frangente e, non senza ostacoli, si sviluppò in fasi alterne nei quarant'anni successivi. Nenni fu il mentore di quella politica mentre Craxi (che si era formato in quella temperie) ne raccolse il testimone aggiungendo all'autonomia socialista un moderno riformismo basato su valori di giustizia sociale e di ffermazione di diritti individuali. La parola ‘autonomia' (non nuova nel PSI del dopoguerra) aveva per i socialisti un significato nel quadro dei rapporti con il Partito Comunista Italiano: nessuna subordinazione. La presa di distanza dal PCI voleva dire inoltre ‘socialismo nella democrazia', smitizzazione dell'Unione Sovietica e delle ‘democrazie popolari' dell'Est europeo come ‘paradisi' della classe lavoratrice, legittimazione dei socialisti italiani come interlocutori nella politica nazionale. Purtroppo fu il sangue dei lavoratori ungheresi ad aprire gli occhi a una buona parte dei ocialisti. Il merito di Nenni fu quello di imboccare senza esitazioni una strada di separazione dal PCI e dall'URSS, compito difficile per lui che era stato l'uomo dell'unità a sinistra in nome della classe operaia. Il leader socialista ebbe coraggio nel 1956, perché il PSI era intriso di ideologia leninista e di massimalismo filocomunista, anche se base e quadri intermedi risposero molto positivamente all'appello autonomista. Per dare un'idea di come fossero gli orientamenti nel PSI e nel PCI, basta ricordare un sondaggio Doxa, realizzato tra gli iscritti a quei partiti subito dopo l'intervento sovietico. Alla domanda ‘se la rivolta popolare in Ungheria fosse un complotto fascistacontrorivoluzionario' rispondeva positivamente il 75% dei militanti comunisti e il 25% dei socialisti, prova di quanto fosse radicato lo stalinismo Non è un caso che Nenni nel dibattito alla Camera, ascoltato dai comunisti in un silenzio glaciale, volesse mettere in guardia “…i compagni che si lasciano impressionare dalla compattezza apparente e dal cinismo dei comunisti, dietro al quale si celano i loro dubbi e i loro casi di coscienza…” - riaffermando con forza - “…il principio al quale i socialisti non sono mai venuti meno, il diritto dei popoli alla loro indipendenza nazionale e alla autodeterminazione…”. La battaglia autonomista durò molto a lungo, perché le resistenze nel PSI andarono crescendo sia nelle settimane successive ai ‘fatti d'Ungheria' che nel Congresso di Venezia, dove la vittoria politica di Nenni non si tradusse in vantaggio numerico nel Comitato Centrale. Si può dire che quel congresso si sarebbe concluso due anni dopo a Napoli, quando le votazioni congressuali partirono dalla base, esprimendosi su mozioni, e ‘Autonomia' ottenne il 59%La scelta autonomista del PSI determinò la reazione del Partito Comunista, con le accuse di socialdemocratizzazione' (terminologia allora offensiva) nei confronti dei socialisti e gli attacchipersonalizzati a Nenni. Tuttavia, specialmente nelle grandi città, Roma, Milano, Genova, Firenze, Venezia, Napoli, Bari, Palermo, il PSI ‘autonomista' si affermò ...