Simona Bonfante
“L’esperienza del passato ci insegna che il rispetto mutuo e la comprensione non hanno sempre contraddistinto i rapporti tra cristiani e musulmani. Quante pagine di storia registrano le battaglie e le guerre affrontate invocando, da una parte e dall’altra, il nome di Dio, quasi che combattere il nemico e uccidere l’avversario potesse essere cosa a Lui gradita. Il ricordo di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna, ben sapendo quali atrocità siano state commesse nel nome della religione. Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro.”
Così, Sua Santità Benedetto XVI si rivolgeva ai rappresentanti delle comunità musulmane tedesche, nel viaggio apostolico compiuto a Colonia, il 20 agosto 2005.
Fu, quello, il primo passo di un cammino intrapreso dal Pontificato di Joseph Ratzinger per convertire in dialogo il confronto tra Chiesa Cristiana e Islam, proponendo di condurlo nell’alveo universale della Ragione, là dove riposa la matrice filosofica comune alle fedi religiose, la sacralità della vita.
La vita è sacra per Cristiani e Musulmani.
La vita che, “senza cedimenti alle pressioni negative dell’ambiente”, Cristiani e Musulmani insieme hanno il preciso dovere storico di affermare, rispettare, difendere nella sua integrità.
È questo il costrutto etico, “il grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei fondamentali valori morali. La dignità della persona e la difesa dei diritti che da tale dignità scaturiscono – ammoniva il Papa - devono costituire lo scopo di ogni progetto sociale e di ogni sforzo posto in essere per attuarlo.”
“Solo sul riconoscimento della centralità della persona – concludeva il Pontefice - si può trovare una comune base di intesa, superando eventuali contrapposizioni culturali e neutralizzando la forza dirompente delle ideologie.”
Poco più di un anno dopo quel primo, cruciale appello all’incontro spirituale tra le fedi, Benedetto XVI teneva a Regensburg, in Germania, una Lectio Magistralis destinata a suscitare scandalo, nell’occidente laico prima ancora che nel mondo musulmano. Il Pontefice – si ricorderà – venne allora accusato di aver deliberatamente voluto mortificare l’Islam, scegliendo di citare un testo sulla “Guerra santa”, che l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo avrebbe presumibilmente scritto durante l’assedio di Costantinopoli da parte degli Ottomani.
L’atto di imputazione, naturalmente, era del tutto privo di fondamento. Il discorso di Benedetto XVI svolgeva, infatti, il tema, complesso e filosoficamente pregnante, dell’autonomia della Ragione rispetto alla Fede, l’assoluta centralità della Ragione nella costruzione dell’uomo spirituale.
Nel commentare il ragionamento di Ratzinger, il Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân”, Mons. Crepaldi, osserva ad esempio: “Diciamo che la ragione ha la propria autonomia logica e metodologica, il che rende possibili le varie scienze e nello stesso tempo la loro unità. Tuttavia, se la ragione non si fa continuamente aiutare a respirare da un rapporto dialogico con la fede, essa inevitabilmente rischia l’asfissia. Parafrasando una frase di Maritain (in Le Paysanne de la Garonne) – continua il prelato - se la ragione crede di dover chiudere la fede in una cassaforte si mutila da sé.”
Il vero “scandalo”, dunque, avrebbe dovuto essere l’omaggio che un teologo “oscurantista” come Ratzinger tributava alla Ragione, non certo il presunto richiamo alla brutale disumanità musulmana. Del potenziale progressista del ragionamento del Pontefice, tuttavia, in Occidente pochi si accorsero.
Se ci fu chi, invece, il messaggio lo colse, fu proprio la comunità islamica. Un mese dopo Regensburg, il 13 ottobre 2006, venne infatti recapitata al Vaticano una prima missiva, sottoscritta da 38 saggi islamici, che accoglieva la sfida “umanista” lanciata da Ratzinger. Un anno dopo, il 13 ottobre 2007, una nuova corrispondenza, stavolta sottoscritta da 138 altissime personalità dell’Islam, accoglieva ufficialmente l’invito al dialogo rivolto dal Pontefice.
Ai 138 risponderà il Segretario di Stato Vaticano, cardinal Tarcisio Bertone che, il 19 novembre, in un breve e laicissimo messaggio inviato a nome di Sua Santità al Principe Giordano Ghazi bin Muhammad bin Talal – primo e più autorevole dei firmatari - propone che la collaborazione si svolga su quattro specifici “temi”: “L’effettivo rispetto della dignità di ogni persona umana, la conoscenza obiettiva della religione dell'altro, la condivisione dell'esperienza religiosa e, infine, l'impegno comune alla promozione del rispetto e dell'accettazione reciproci tra i giovani.”
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