SEMPRE PIU’ FORTI I VENTI DI RECESSIONE Un recentissimo rapporto Usa sull’occupazione inquieta il mondo politico e finanziario. La recessione è ormai alle porte
Se consideriamo la Storia come una guida affidabile, la recessione ci appare ora inevitabile. Il rapporto sul lavoro rilasciato dal governo Usa venerdì scorso evidenzia un calo dell'occupazione negli ultimi tre mesi. A partire dagli anni Settanta, ad ogni calo dell'occupazione di questo genere ha fatto seguito un periodo recessivo. Questa l'impietosa e scioccante analisi del New York Times. Per mesi, il mondo politico e gli economisti di Wall Street hanno sperato che i tagli aggressivi ai tassi di interesse operati dalla Fed permettessero all'economia di continuare a crescere nonostante il crollo del mercato della casa. Il rapporto sul lavoro di Venerdì sembra tuttavia aver spazzato via tutte le più ottimistiche previsioni. Emblematica la reazione degli analisti della holding finanziaria JP Morgan Chase, che sino alla scorsa settimana rassicuravano i propri clienti sulla solidità dell'economia Usa e che ora prefigurano scenari sconfortanti. Ethan Harris della Lehman Brothers è ancora più categorico “se i dati (deducibili dal rapporto sul lavoro) sono questi, vi è un'altissima probabilità che la recessione sia iniziata”. I dati sull'occupazione Usa appaiono in effetti preoccupanti. Nel corso dell'ultimo anno il numero di coloro che risultano disoccupati è cresciuto di 500.000 unità, mentre la cifra relativa ai “non occupati”, chi non lavora né cerca lavoro, è aumentata di 1.3 milioni. Numeri allarmanti che presumibilmente indurranno governo e Fed ad intensificare l'azione di contrasto alla crisi immanente. La gran parte delle misure governative di stimolo all'economia cominceranno ad avere effetto nei prossimi mesi; su di esse si concentrano le speranze di quanti ancora ritengono che il Paese possa evitare la recessione. La politica ha reagito rapidamente a questa ennesima avvisaglia della crisi, certo più prontamente rispetto ad altre circostanze. La Fed, da parte sua, ha tagliato ben cinque volte i tassi d'interesse dal mese di settembre ad oggi. Per apprezzare come e quanto operazioni di genere incidano effettivamente sull'intera economia occorrono usualmente almeno 6 mesi di tempo. Che lo scenario non sia dei più confortanti è possibile evincerlo dalle reazioni degli stessi funzionari della Casa Bianca, molti dei quali non riescono a celare una certa apprensione. Il National Bureau of Economic Research, un gruppo di insigni economisti basato a Cambridge (Massachusetts), è la voce più autorevole ed ascoltata quando si tratta di dichiarare aperta una fase recessiva in America. Gli studiosi del prestigioso gruppo definiscono la recessione come un “declino significativo e protratto delle attività economiche che incide negativamente sul reddito, l'occupazione, il commercio al dettaglio e la produzione industriale”. Per ora, da Cambridge tutto tace, ma non è il caso di rallegrarsi. Il comitato si muove per solito con grande cautela. Infatti, i suoi membri impiegarono ben un anno e mezzo per decretare la fine dell'ultima recessione, nel novembre 2001. Qualora ritenessero la recessione in corso, essi aspetterebbero presumibilmente la fine dell'anno per dichiararlo ufficialmente.
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