La società dello human capital ha infatti reso l'istruzione un assetto essenziale alla competitività del paese. "Ed è per questo - osserva il leader laburista - che l'idea di progresso e di opportunità individuali è diventata qualcosa di più di un tema sociale, è diventata qualcosa con una valenza economica più generale"
di Simona Bonfante
"Il New Labour è un costrutto filosofico che ha dimostrato la possibilità di conciliare efficienza economica e giustizia sociale.
"I progressisti hanno davanti nuove sfide. E se vogliamo che quei valori si affermino in Europa non c'è che una strada: impegnarsi per una riforma radicale del modello sociale europeo."
È un Tony Blair rilassato, riflessivo, persino ironico quello che Critica Sociale ha incontrato a Londra.
Il compito dei progressisti - dice - non è difendere soltanto le conquiste del passato, ma immaginarne di nuove".Il New Labour, infatti, è stato molto più che il prodotto di un'abile strategia di marketing elettorale. "Nell'affermare la compatibilità tra efficienza economica e giustizia sociale - spiega infatti Blair - il paradigma filosofico del New Labour si è rivelato figlio del suo tempo, di quell'era, cioè, in cui il capitale umano cominciava a diventare una risorsa economicamente cruciale". La società dello human capital ha infatti reso l'istruzione un assetto essenziale alla competitività del paese. "Ed è per questo - osserva il leader laburista - che l'idea di progresso e di opportunità individuali è diventata qualcosa di più di un tema sociale, è diventata qualcosa con una valenza economica più generale".
Blair usa i toni di una riflessione serena e motivata quella con cui affronta la questione cruciale - il rinnovamento del partito - a partire dal significato politico del New Labour, della modernizzazione della cultura laburista realizzata "da me e Gordon" - precisa -"come risultato di un lungo periodo di lavoro, non solo sulle idee e le policy ma sull'impianto filosofico all'interno del quale pensare l'azione di governo di un moderno partito laburista."
Con la filosofia neolaburista - ricorda infatti il premier - "si è dimostrata, per la prima volta, la possibilità di conciliare efficienza economica e giustizia sociale." Ed il risultato è noto: tre successivi mandati di governo per un partito che, sino ad allora,ovvero per gran parte di quel secolo di storia che aveva alle spalle, aveva conosciuto quasi solo la vita dell'opposizione. Ebbene, "la buona notizia è che ci sono tre anni alle prossime elezioni e - sostiene Blair -questo signfica che possiamo ancora farcela."
Il New Labour, infatti, è stato molto più che il prodotto di un'abile strategia di marketing elettorale. "Nell'affermare la compatibilità tra efficienza economica e giustizia sociale - spiega infatti Blair - il paradigma filosofico del New Labour si è rivelato figlio del suo tempo, di quell'era, cioè, in cui il capitale umano cominciava a diventare una risorsa economicamente cruciale". La società dello human capital ha infatti reso l'istruzione un assetto essenziale alla competitività del paese. "Ed è per questo - osserva il leader laburista - che l'idea di progresso e di opportunità individuali è diventata qualcosa di più di un tema sociale, è diventata qualcosa con una valenza economica più generale." Tony Blair si intrattiene con Critica Sociale. Ci saluta con un "buongiorno" e non risparmia l' ironia per il fatto che gli si chieda - come facciamo noi - di parlare di politica. "Sarà perché è una giornalista italiana - scherza - Da noi è diverso!" E con noi, il leader del New Labour parla di progressismo europeo e della necessità di compiere quel salto culturale che consenta di attualizzarne i valori rispetto alle sfide del mondo globale.
Insomma, Mr Blair, una delle grandi sfide poste da quel "costrutto filosofico" che è il New Labour, è stata l'idea di poter creare un paradigma universale per i progressisti europei e americani. Crede quell'obiettivo sia ancora attuale? E chi sono oggi i progressisti?
"C'è una sola risposta alla sua domanda. La cultura, i valori progressisti potranno affermarsi solo realizzando una radicale riforma del modello sociale europeo. Non si può pensare che l'Europa possa competere nell'economia globale senza pensare che di essa fanno parte paesi come Cina, India, Usa e Giappone. Se pensiamo ad un modello sociale che rispetti i valori in cui crediamo e che difendiamo, dovremmo allora pensare ad uno modello sociale che sia uguale in tutto il mondo. Quindi la sfida è "to win the argument", riuscire ad affermare, anche nell'economia, i valori nei quali crediamo. Tuttavia, si deve riconoscere che quei valori, per affermarsi, non possono ignorare i bisogni che la società globale fa nascere: bisogno di efficienza, di competitività, di identità. Non di regolamentazioni, limiti, barriere.
Tutti noi crediamo in quei valori. I progressisti in Europa credono in quei valori. E quei valori non cambiano. Quello che cambia è il modo in cui perseguire la loro affermazione. Per questo è così importante riuscire ad affermare la visione progressista perché questo significa acquistare il potere necessario a realizzarla."
Intende dire che il fronte progressista trova al suo interno delle resistenze conservatrici?
"In tutti i paesi europei è in corso un dibattito sullo stato sociale, ma in alcuni di essi ci si convince che il compito dei progressisti sia difendere le conquiste del passato. Non è così. La nostra missione - è così oggi, ed è stato così ai tempi della fondazione del New Labour - è dare risposte nuove alle nuove domande che ci pone il mondo moderno. La cultura democratica progressista americana ha apportato in tal senso un contributo molto importante. E questa è la sfida dei progressisti in tutto il mondo."
"Perché - riflette Blair - la gente là fuori chiede risposte alle difficoltà ed alle sfide quotidiane della sua vita."
La politica - per il Premier laburista - non può dunque essere "una stanza piena di gente che si parla addosso".
E se il New Labour ha avuto il merito di ascoltare la società e fornire ad essa delle risposte, così il progressismo, in Europa e nel mondo, potrà affermarsi in futuro solo concentrandosi sulle idee e le policies e solo aprendosi alla società - face out - non guardandosi allo specchio - face in".
"Aprirsi all'esterno - spiega Blair- non significa negare l'importanza del dibattito interno. Significa piuttosto rivolgersi alla società, anche quando si discutono faccende interne al partito, per riuscire a connettersi con la gente, quella gente nei confronti della quale siamo in ultima istanza responsabili."
Blair si dice comunque fiducioso sulle prospettive del partito "e la ragione - spiega - è che, nonostante tutto, sulle idee e le politiche siamo forti ed ideologicamente uniti."
Il partito - è la tesi di Blair - potrà ritrovare la forza di affermare i suoi valori e la sua agenda nel paese, solo riconoscendo che la società del 2007 non è la stessa di quella del 1997. "Il rischio - ammonisce infatti il Premier - è che il partito continui a ragionare esattamente come ha fatto negli ultimi dieci anni. E se in un certo senso, almeno rispetto all'esperienza di governo, è giusto che si continui su quella strada, rispetto alle sfide per il futuro del paese - sostiene il leader del New Labour - dobbiamo aver chiaro in mente che il paese oggi è diverso da come era dieci anni fa."
Scongiurare quel rischio, per Blair, si può, a patto che non si proceda con la strategia degli attacchi personali cui si è assistito nelle ultime settimane "ma che piuttosto si ragioni su quale analisi possa aiutarci meglio a capire il mondo di oggi."
Affatto annichilito dalla prospettiva di lasciare il governo, Blair guarda al futuro e, con la sensibilità che lo ha reso l'uomo politico più brillante e ispirato del XXI secolo, definisce quelle che considera le grandi sfide del nuovo mondo.
Il terrorismo, innanzitutto: "Parlare di terrorismo nel 1997 - rievoca Blair - significava parlare dell'IRA. Ebbene - e ne sono particolarmente lieto - l'Irlanda del Nord oggi è completamente diversa dal paese che era allora".
Ma parlare di terrorismo, oggi - è il ragionamento del premier - significa parlare di quella "perversione dell'Islam che è l'estremismo fondamentalista."
L'immigrazione, quindi: "Dobbiamo renderci conto di quali enormi vantaggi l'immigrazione porti all'economia moderna - è la considerazione di Blair. "L'immigrazione porta con sé un tale dinamismo, una tale innovatività ed una tale creatività da rappresentare uno dei fattor principali del successo economico del paese." Parlare di immigrazione, però, significa anche parlare di disagio, di paura, di rottura di equilibri sociali. Blair questo lo sa bene ed ammonisce la platea a non sottovalutare la portata della faccia problematica del fenomeno, quella, per intendersi, che ogni giorno la gente comune vive nelle proprie case, nei propri quartieri, sul lavoro o nei luoghi pubblici.
Blair elenca poi il tema della libertà e della sicurezza tra le grandi questioni del mondo contemporaneo, legandolo alla questione della criminalità, a quel venir meno del senso del "rispetto" che incide sulle libertà individuali. E la libertà individuale è, per il premier, un'istanza progressista: "Dobbiamo assolutamente capire - afferma - che sono le libertà civili ad essere violate quando una persona normale viene privata della possibilità di vivere serenamente a casa propria e nel proprio quartiere, senza il timore di subire violenza."
Blair affronta anche la sfida lanciata al welfare state dall'allungamento della vita media, un problema complesso perché "se per certi versi non possiamo che dircene lieti" - ammonisce - l'ageing society pone un problema di sostenibilità che è compito della politica affrontare. La sua diagnosi è netta: "A meno di avere la certezza che il numero degli occupati sia tale da coprire la spesa previdenziale, non saremo in grado di soddisfare il crescente fabbisogno pubblico di risorse da destinare ad assistenza, sanità e previdenza." Nasce da qui l'idea del welfare-to-work.
"Ma - riconosce ancora Blair - nonostante tutto l'impegno a far crescescer l'occupazione, un sistema che conta tre milioni di disoccupati, non è ancora un sistema sostenibile."
L'attenzione di Blair va quindi ai servizi pubblici, alla necessità di rinnovarne il funzionamento perché "sappiano offrire una maggiore adattabilità, una maggiore flessibilità, una maggiore capacità di auto-generare la propria innovazione." Per il premier, dunque, l'obiettivo è quello che si potrebbe definire una maggiore personalizzazione del public service: "Ecco perché dobbiamo rompere con la vecchia, monolitica cultura in difesa dei servizi pubblici; ecco perché dobbiamo coinvolgere terzo settore e volontariato nella gestione dei servizi pubblici: perché il privato oggi ha un ruolo attivo nel rendere efficiente l'erogazione di servizi al cittadino."
C'è, nell'agenda per il futuro di Tony Blair, anche il tema della competitività. "Essere competitivi - ammonisce il premier - non significa solo stabilità economica. Significa essere capaci di anticipare il progresso della scienza. Per questo - continua - anche aspetti della scienza che possono apparire collaterali, come la ricerca sulle cellule staminali, sono in realtà una parte estremamente significativa della moderna economia della conoscenza."
L'agenda internazionale, infine. "Sia che si veda nel terrorismo o piuttosto nell'emergenza ambientale la sfida del mondo globale, quello che non si può ignorare è che ciascuno di quegli issues si presenta già oggi in una cornice nuova rispetto al passato".
L'ascesa della Cina, ricorda ad esempio il Primo Ministro, rappresenta in tal senso uno dei più significativi e dirmopenti elementi di cambiamento dello scenario internazionale. Ma Blair azzarda anche una previsione: "La questione energetica - dice - diverrà uno dei dossier più impegnativi nel futuro delle relazioni internazionali, al punto che "alle prossime elezioni, vi assicuro, diventerà il principale tema di confronto con gli avversari."
Se queste sono le sfide, affinché i benefici ricadano sulla parte della popolazione più ampia possibile, significa affrontarle realizzando "la giusta combinazione tra l'assumere decisioni nell'interesse della modernizzazione, e l'approccio solidale nell'interesse dell'equità." Una combinazione, questa, tra "valori fondamentali". Coniugare insieme equità, opportunità per tutti, senso della comunità e della società, significa infatti, per Blair, saper rispondere al mondo che cambia adottando le decisioni ncessarie a vincere le sfide che questo ci lancia."
Ma importante quanto le decisioni che si assumono è, per il leader laburista, il modo in cui intendere l'impegno politico. "Fare politica non significa riunirsi in una stanza cercando una convergenza tra interessi tutti interni al partito, ma "cercare fuori i nostri interlocutori, tra quanti - e sono tanti - che condividono i nostri valori di fondo e la direzione di marcia che i nostri governi hanno impresso al paese, e che vogliono oggi diventare protagonisti del processo di cambiamento."
Blair, infine, riconosce che il New Labour, che la filosofia del New Labour, è maggioritaria nel partito e lo è anche nel paese. Che il partito ed il paese non sono quindi affatto disposti a tornare al passato, a tornare ad un mondo idealizzato che non esiste più.
"Il rischio, per quanto paradossale questo possa sembrare, non è l'allontanarsi dal New Labour - dice - ma non riuscire a rifocalizzarne il senso perché sia attuale nel mondo di oggi."
"In definitiva - conclude quindi Blair, tra gli applausi - se sapremo riconnetterci al paese, potremo vincere: se ci ritraiamo su di noi, perderemo. È una lezione molto semplice, che non è né New Labour né Old Labour. È la lezione della politica."
Simona Bonfante