Dopo il trionfo in Iowa, la sfida impossibile di Barack Obama sembra più realizzabile che mai. L’intervista di Roger Cohen
Ho chiesto a Barack Obama se si sente forte abbastanza per un mondo così pericoloso. A volte i candidati democratici si mostrano cauti, e sembrano vulnerabili ad ogni refolo di vento, quando si tratta di adattare la loro solida impostazione teorica alla cruda realtà. “Sì. Sono duro abbastanza”, ha risposto durante la nostra mezz'ora di conversazione. “Mi capita spesso di incontrare persone che non fanno altro che ripetere di essere toste e determinate. A me non interessa battermi i pugni sul petto per dimostrare la mia personalità, ma sono pronto a prendere decisioni che aiutino a costruire un mondo più stabile e sicuro.”
Una presa di posizione forte, che conferma la sua convinzione nell' “eccezionalismo” americano, nella leadership mondiale USA, da esercitarsi pur tuttavia con “una certa dose di umiltà”. Una rottura rispetto agli anni dell'amministrazione Bush, caratterizzati da un diffuso e crescente scetticismo rispetto al valore dell'Idea Americana ed al ruolo degli Stati Uniti sulla scena globale. Molti fattori hanno concorso nel diffondere quella percezione: il fallimento in Iraq; il drammatico scostamento tra i principi e la prassi (vedi Abu Ghraib); la crescita di altre nazioni (la Cina); la titubanza in politica estera (nei confronti dell'Iran); la vulnerabilità economica (il declino del dollaro); il risentimento che ogni potere egemonico inevitabilmente genera.
Parlare della propria eccezionalità può essere pericoloso; le persone tendono ad insospettirsi. Se gli Stati Uniti ambissero ad essere normali, avrebbero probabilmente meno oppositori. Ma Obama insiste a ragione sulla forza visionaria dell'America, che rimane unica nel suo genere. Personalmente, non vedo alternative credibili al baluardo americano, in grado di garantire la stabilità mondiale e di limitare il risorgere di antiche rivalità in Asia ed Europa. La Pax Americana, non essendo perfetta e pacifica, risulta impopolare. Ma il suo sovvertimento convincerebbe i detrattori del suo valore.
Ricordando il periodo trascorso in Indonesia: “Ho vissuto nel più popoloso paese musulmano al mondo ed ho parenti che professano l'Islam. Sono cristiano, ma comprendo il loro modo di vedere le cose, pur condannando l'evoluzione che l'Islam sta conoscendo. Non mi stancherò di ribadire che i paesi musulmani dovranno riconciliare se stessi con la modernità; per ora, non ci sono riusciti.” Al-Qaeda ha attaccato l'Occidente in Kenya, a Bali e a New York. Il padre di Obama era keniota. Il senatore ha studiato in Indonesia. Sono paralleli strani, che ispirano in lui il tentativo di coniugare la durezza nel contrastare la minaccia alla ricerca creativa di metodi innovativi d'azione. Una ricerca non ancora conclusa.