ELEZIONI USA. INTERVISTA A SPENCER DI SCALA (Massachusetts University)
Non credo, sostiene lo storico di Boston, che l'era repubblicana sia giunta al termine. Anche i democratici hanno i loro problemi. Secondo i sondaggi, infatti, Hillary Clinton è il personaggio politico nettemante più odiato nel Paese. L'economia sarà la BIG ISSUE della campagna.
Anche i Democrats devono infatti confrontarsi con alcune criticità. Di Hillary Clinton non si può certo dire che rappresenti il nuovo né che sia una leader amata nel Paese. Anzi, è chiaramente la più odiata. L'appoggio del marito non cambierà questo dato di fatto, addirittura potrebbe peggiorare la situazione. In molti ancora ricordano il fallimento dell'Hillary Care, il tentativo di estendere la Sanità Pubblica affidato alla first lady all'inizio della presidenza di Bill. Un rovescio talmente clamoroso da inibire ogni serio intervento sul tema nei successivi 15 anni.
Il grosso vulnus di Obama riguarda invece la sua mancanza di esperienza. Ad ogni modo, proponendosi come un leader intenzionato a ricomporre le fratture tra le anime del Paese, è difficile aspettarsi grandi svolte da una sua eventuale presidenza. In sostanza, non è il caso di farsi grandi illusioni di cambiamento, anche in caso di trionfo democratico.
R: L'economia è la big issue. Con lo spettro della recessione che aleggia, sarà importante che i candidati si mostrino credibili ed avanzino ricette convincenti per tutelare la salute dell'economia nazionale (e conseguentemente di quella globale) ed il mantenimento dello stile di vita degli americani. Dato che la “cura Petraeus” sta dando i suoi effetti, la situazione irachena non appare in questo momento in cima all'agenda. Un altro aspetto importante, anche se probabilmente meno decisivo rispetto al 2004, riguarda i valori e la religione. Il dibattito su aborto, diritti dei gay e laicità dell'istruzione avrà sicuramente un suo peso, ma non credo risulterà determinante come lo fu a vantaggio di George W. Bush quattro anni fa.
R: Davvero non saprei. Molti sostengono che tutto ciò non sarà importante, ma in realtà è prematuro parlarne. Non ci sono precedenti e dunque ritengo complicato fare previsioni al riguardo. Mai prima d'ora vi erano stati né un candidato nero alla presidenziali così accreditato, il caso di Jesse Jackson non è paragonabile, né una pretendente donna con serie possibilità di vittoria.
Gli italo-americani si orienteranno prevalentemente verso il partito repubblicano e, considerando la loro concentrazione geografica nel Nord-Est, potrebbero sostenere Giuliani. Tuttavia, un personaggio come McCain, con il suo atteggiamento favorevole ad una sanatoria in tema di immigrazione, potrebbe sottrarre consensi all'ex sindaco di New York.
Noto che in Italia esiste la convinzione, o forse l'auspicio, che il prossimo presidente sia un democratico. In effetti, i Democrats hanno guadagnato notevolmente terreno su i repubblicani nelle elezioni di mid-term del 2006, strappando loro Camera dei Rappresentanti e Senato. A livello del Congresso, credo possano consolidare il risultato di due anni fa, ma non mi stupirei se la presidenza rimanesse in mano repubblicana.
Per rispondere alla domanda, restringerei la rosa a due personalità: Rudolph Giuliani e John McCain. Giuliani ha adottato una strategia bizzarra e pericolosissima, ignorando i primi Stati e puntando tutto sulla Florida e sul Super Tuesday. Se vincesse la nomination, e non sarà facile, avrebbe ottime credenziali per la vittoria. Nella Eastern Coast sottrarrebbe voti pesanti ai democratici, nelle aree più conservatrici potrebbe essere visto, nonostante alcune sue posizioni sgradite alla base repubblicana, come il male minore rispetto ad un candidato democratico.
D: Cambierà, e in quale misura, la politica estera americana con l'insediamento di una nuova amministrazione?