RIFORMATORI E CONSERVATORI NELLA CINA DELLE IDEE.
UN'INCHIESTA SUI NUOVI INTELLETTUALI(2)
Il confronto tra pensatori della nuova destra, che hanno ispirato le riforme delle ultime tre decadi, e quelli della nuova sinistra, più attenti ai costi sociali del capitalismo di Stato cinese
La nuova Cina delle idee (1)
La nuova Cina delle idee (3)
Molti economisti liberali, o esponenti della “nuova destra” come vengono definiti dai loro detrattori e avversari, credono che la Cina sarà veramente libera quando il settore pubblico verrà ridotto ai minimi termini e lo Stato servirà soltanto per garantire la protezione dei diritti di proprietà privata. Le idee della nuova destra cinese sono state alla base delle riforme economiche che hanno permesso alla Cina di crescere miracolosamente a partire degli anni ottanta. Zhang Weiying rappresenta uno dei maggiori esponenti delle suddetta corrente di pensiero, soprattutto grazie all'elaborazione della dual-track pricing, una teoria apparsa per la prima volta nel 1984.
L'esempio più appariscente della mascherata trasformazione liberista (ma non liberale) della Cina è rintracciabile nella parabola di Shenzen, un villaggio di poche migliaia di abitanti che negli anni settanta sopravviveva a stento grazie ai proventi della pesca. Nelle ultime tre decadi, la città è diventata l'emblema di quel capitalismo cinese che Zhang e i suoi colleghi stanno costruendo. In ragione della sua prossimità geografica ad Hong Kong, Deng Xiaoping decise nel 1979 che Shenzen sarebbe diventata la prima “zona economica speciale”, concedendo all'area una serie di agevolazioni fiscali per chi volesse intraprendervi ed un più agile sistema per l'ottenimento di licenze commerciali. A Shenzen sono sorti distretti industriali e tecnologici per la produzione di beni ad alto valore aggiunto da esportare in Occidente. Una grande quantità di lavoratori, partiti dalle regioni più interne della Cina, si sono così trasferiti sulla costa per beneficiare delle nuove opportunità di impiego e riscattarsi dalla povertà e dalla marginalità sociale. Per la prima volta le autorità ammettevano la possibilità che “qualcuno potesse diventare ricco prima degli altri.” Una rivoluzione copernicana.
Wang Hui è uno dei maggiori pensatori della nuova sinistra cinese, il gruppo di intellettuali che attualmente sembra interpretare al meglio il sentimento di inquietudine della popolazione rispetto ai guasti socio-ambientali ed ai danni collaterali del capitalismo di Stato. Hui, che si avvicinò alla politica attiva ai tempi delle proteste di Piazza Tienanmen, come molti intellettuali della sua generazione ha sempre creduto nelle possibilità di crescita e sviluppo offerte dal mercato, salvo maturare in seguito la convinzione che un'eccessiva deregolamentazione generasse ingiustizia sociale e che lo Stato avesse il dovere di intervenire per prevenire l'ineguaglianza. “La nuova sinistra”, dice Hui, “si differenzia dal vecchio concetto di sinistra perché supporta le riforme di mercato ma, a differenza della destra, si preoccupa dell'impatto che esse possono avere sulla vita delle persone.” Hui non si limita all'attività speculativa, ma si impegna attivamente, denunciando la diffusa corruzione che permea il sistema a tutti i livelli ed aiutando i lavoratori ad organizzarsi per reagire alle privatizzazioni illegali.
Le idee della sinistra si stanno facendo gradualmente strada anche a Pechino. Alla fine del 2005, il presidente Hu Jintao ed il premier Wen Jiabao hanno presentato l'Undicesimo Piano Quinquennale parlando dell'obbiettivo di una “società armoniosa.” Per la prima volta dal 1978 la crescita economica non appare in cima alle priorità governative, tra le quali compaiono invece promesse di aumenti pensionistici, di indennità di disoccupazione, di assicurazioni sanitarie e di permessi di maternità. Il Piano dimostra una certa attenzione al disagio avvertito dalle campagne e prefigura un impegno per ridurre del 20% i consumi energetici. Un'apertura alle nuove istanze o una concessione di facciata?