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"AMERICAN POPE". ATTESA NEGLI USA PER LA VISITA DI BENEDETTO XVI

La visita toccherà due sole città, Washington e New York. “Ma essa – spiega lo stesso Papa nel messaggio inviato pochi giorni orsono ai fedeli americani - intende spiritualmente abbracciare tutti i cattolici che vivono negli Stati Uniti"

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Simona Bonfante

C'è grande attesa, negli Stati Uniti, per la prima visita apostolica che Papa Benedetto XVI compirà, dal 15 al 21 aprile prossimo, a New York e Washington. È un messaggio di speranza ai credenti ed ai non credenti, alla comunità cristiana ed ai membri delle diverse confessioni religiose quello che Papa Ratzinger intende lanciare, dagli Usa, al mondo intero. Un messaggio di fratellanza evangelica, che assume una particolare rilevanza politica, in un momento storico così complesso per gli equilibri e le prospettive della civilizzazione, in cui sempre più le autorità religiose si impongono come agenti “politici”, piuttosto che morali. È così che la visita del Capo della Chiesa cattolica negli Usa sembra voler sancire l'impegno del Vaticano a indirizzare la diplomazia internazionale sulla strada dei valori dell'umanesimo cristiano.Secondo il New York Times, che alla visita del Papa ha dedicato uno spazio insolitamente ampio, il Vaticano ripone in questo viaggio la speranza di ri-calibrare l'immagine del Papa, nel tentativo di porre rimedio ai tanti equivoci provocati nella comunità musulmane come nel mondo laico, dalla sfida al relativismo lanciata a più riprese dal Capo della Chiesa cattolica.

Anticipato da un messaggio del Pontefice, il viaggio negli States intende riproporre ai leader politici ed alle autorità religiose, la questione della responsabilità delle comunità di fedeli di farsi attori dello sviluppo armonico della civiltà globale, in un'epoca in cui le incomprensioni - tra le fedi, ma anche tra religione e laicità - rischiano di pregiudicare l'interazione pacifica dell'umanità.
Il 18 aprile, Benedetto XVI terrà un discorso all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Sarà, quella, l'occasione per offrire il lato meno compreso di questo papa che, come ha avuto modo di spiegare il nunzio apostolico negli Stati Uniti, l'Arcivescovo Pietro Scambi, “non solo è poco conosciuto ma è anche conosciuto male”.

In un'intervista al New York Times, il diplomatico vaticano – che è arrivato negli States nel 2005, con l'incarico di restituire l'onore ad una curia umiliata dallo scandalo degli abusi sessuali e dalle accuse di pedofilia indirizzate ad alcuni dei suoi più alti rappresentanti - spiega che “sarà sufficiente ascoltare le parole del Pontefice per capire che si tratta di un uomo ben diverso dall'immagine dura e intransigente, quasi disumana, che gli si è stata attribuita.”
La visita toccherà due sole città, Washington e New York. “Ma essa – spiega lo stesso Papa nel messaggio inviato pochi giorni orsono ai fedeli americani - intende spiritualmente abbracciare tutti i cattolici che vivono negli Stati Uniti. Al tempo stesso – continua Benedetto XVI - auspico vivamente che la mia venuta in mezzo a voi sia accolta come espressione di fraternità verso ogni Comunità ecclesiale e come testimonianza di amicizia verso tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà.”Questo auspicio del Pontefice non manca, tuttavia,  di suscitare lo scetticismo di alcuni osservatori, circa la reale disponibilità dei leader delle diverse fedi religiose ad accettare l'abbraccio della fratellanza umana proposto da Benedetto XVI. In un articolo apparso sull'ultimo numero di Foreign Policy, ad esempio, si fa una inquietante rassegna del fanatismo imperante presso alcune comunità non cristiane. Si fanno nomi e cognomi di autorevoli personalità delle diverse comunità religiose - da Dov Lior, leader di un insediamento ebraico-ortodosso,  all' induista Yogi Adityana, fino allo shiita Hassan Nasrallah, leader spirituale dell'organizzazione terroristica libanese, Hezbollah – che, lungi dal predicare la solidarietà tra esseri umani, non fanno che alimentare il fuoco dell'odio verso i fedeli di tutte le religioni diverse dalla propria. Con questi presupposti – si chiede allora la rivista americana – come può, il Papa cattolico, pensare davvero che un così coraggioso messaggio di pace possa essere accolto dai responsabili delle altre grandi organizzazioni religiose?Il significato di questo viaggio, insiste tuttavia Benedetto XVI, si riassume in tre parole: "Cristo nostra speranza". “E' Dio che salva noi, il mondo e la storia, è Lui il Pastore del suo popolo, e io vengo, inviato da Gesù Cristo, a portare la sua Parola di vita.”La speranza incarnata nella figura di Gesù Cristo, deve farsi costruttrice di fratellanza e armonia tra i popoli tutti. Non vi è differenza di “razza, lingua, cultura o tradizione religiosa” che possa annullare la comune appartenenza degli uomini alla grande famiglia della persona umana.   “Sì – continua il Pontefice - Cristo è il volto di Dio apparso tra noi. Grazie a Lui la nostra vita trova la sua pienezza ed insieme possiamo formare una famiglia di persone e di popoli che vivono in fraternità, secondo il perenne disegno di Dio Padre.”

La speranza nella comunione dell'individuo in Dio – un concetto già illustrato nella prima enciclica di Benedetto XVI, la Spe Salvi – è alla base di quella "regola d'oro" che “si trova nella Bibbia ma vale per tutti, anche per i non credenti.” Non fare agli altri quello che non si vuole venga fatto a sé, e fare agli altri quello che si vorrebbe gli altri facessero per sé: è questo il principio che deve porsi a fondamento delle relazioni tra popoli, tra comunità di credenti, tra esseri umani. “E' questa – continua il Pontefice - la legge scritta nella coscienza umana, e su questa possiamo tutti ritrovarci, così che l'incontro delle differenze sia positivo e costruttivo per l'intera comunità umana.”
“Il mondo infatti ha più che mai bisogno di speranza: speranza di pace, di giustizia, di libertà, ma non potrà realizzare questa speranza senza obbedire alla legge di Dio, che Cristo ha portato a compimento nel comandamento di amarci gli uni gli altri.”

Il programma della visita del Papa prevede, oltre al discorso alle Nazioni Unite, e la celebrazione della messa al Parco Nazionale di Washington ed allo
Yankee Stadium di New York, anche un incontro alla Casa Bianca con il Presidente Gorge w. Bush, un colloquio con i docenti dell'Università Cattolica d'America di Washington, ed una preghiera a Ground Zero.Il Papa sarà alloggiato presso l'Ambasciata Vaticana, dove il 16 aprile, giorno del suo 81esimo compleanno, prima della visita alla Casa Bianca, celebrerà una messa riservata al personale della sede diplomatica.La diplomazia vaticana, intanto, è impegnata nel delicato compito di predisporre il terreno al nutrimento intellettuale che il filosofo Ratzinger non mancherà di offrire. “Non è certo uno che chiacchiera” – dice di lui ancora l'Arcivescovo Scambi. “È un intellettuale che prima di parlare è abituato a riflettere ed a pregare molto.” Il Papa, naturalmente, non entrerà nel merito della campagna elettorale e non incontrerà nessuno degli attuali candidati alla corsa presidenziale. Non c'è dubbio, tuttavia, che il Pontefice non mancherà di toccare le questioni “eticamente sensibili” che lambiscono il dibattito politico – in particolare, si immagina, i temi dell'aborto, dell'eutanasia, della guerra in Irak, ma anche dell'ambiente e dell'immigrazione clandestina. Non è difficile prevedere, dunque, che la presenza di Benedetto XVI avrà in qualche modo effetto sul dibattito pubblico elettorale.

Ma la preoccupazione più pressante del Pontefice è quella di mettere un argine alla crisi di vocazioni ed all'emorragia di fedeli che il comportamento non sempre specchiato della Chiesa cattolica americana ha decisamente contribuito a provocare. Si tratta dunque di ricostruire un ponte tra le autorità ecclesiastiche e le comunità di fedeli, prima fra tutte quella degli ispanici.
Scambi, che è un diplomatico di riconosciuta esperienza e valore – prima di assumere l'incarico negli Stati Uniti, è stato per sette anni il rappresentante della Santa Sede a Gerusalemme, dopo aver servito la Chiesa in Indonesia ed a Cipro – spiega infine che la data del viaggio è stata scelta per commemorare il duecentesimo anniversario delle diocesi di New York, Philadelphia, Boston e Bardstown – la prima diocesi cattolica nonché sorta su suolo americano – e i duecento anni della conversione di Baltimora ad arcidiocesi.L'ultima visita di un papa negli Stati Uniti risale al 1995, quando il predecessore di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II, rivolse a New York un appello a che “la civilizzazione e il progresso” che trovano nella grande mela uno “zenit” non finiscano con il rifiutare gli umili e i più bisognosi.






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