Nella lunga pausa elettorale che conduce alla sfida in Pennsylvania, Hillary deve incassare l’addio del suo più influente consigliere mentre Obama mostra i primi segnali di stanchezza. McCain tenta di sedurre il Paese promettendo sgravi fiscali e concretezza
Data: 2008-04-15
Fabio Lucchini
Barack Obama rispolvera a Filadelfia il mito e la tensione morale di Martin Luther King? Ebbene Hillary Clinton risponde evocando un eroe cittadino, per quanto patinato e virtuale. Dopo aver parlato a lungo della sua competenza, aver mostrato il suo lato umano e le sue debolezze, salvo sfoderare poi gli artigli, ora laClinton ricorda a tutti che non si arrenderà facilmente, come soleva fare sul ring Rocky Balboa, la più fortunata creazione cinematografica di Sylvester Stallone. Come lui, si ripromette di incassare montanti e diretti alla mascella, salvo poi risollevarsi e vincere. La vorticosa campagna presidenziale di quest'anno ha messo subito alla prova i proposti della senatrice di New York, costretta a subire e ad assorbire rapidamente un nuovo durissimo colpo. Lo stratega elettorale dell'ex first lady, il potente e discusso Mark Penn, ha infatti lasciato il suo staff. I risultati elettorali non entusiasmanti ottenuti dalla Clinton, che a dicembre veniva unanimemente considerata strafavorita, avevano messo da tempo sul banco degli imputati Penn e la sua strategia, ma l'allontanamento del prestigioso consulente è da ricondurre ad un accadimento ben preciso. Penn si è infatti recentemente incontrato, in qualità di presidente della società specializzata in pubbliche relazioni Burson-Marsteller, con l'ambasciatore colombiano negli Stati Uniti per discutere della promozione dell'accordo di libero scambio tra Washington e Bogotà. Un accordo al quale la Clinton si oppone. Il conflitto di interessi appare lampante. Penn ha ammesso di essersi comportato con leggerezza e davanti alla furia dei Clinton ha ritenuto opportuno lasciare, mentre il governo colombiano si è affrettato a dare il benservito alla sua società. La caduta rovinosa di Penn induce a farsi delle domande sul perché la campagna di Clinton sia stata sinora deludente e la stia conducendo verso una sconfitta clamorosa. Jay Cost, esperto di dinamiche elettorali per Real Clear Politics,non si esime. Il distacco che separa Clinton da Obama è riconducibile essenzialmente al predominio del senatore dell'Illinois nei caucus, dove la sua migliore organizzazione elettorale si è fatta sentire. Ugualmente, la maggiore efficacia della macchina obamiana ha determinato il gap tra i due nella raccolta fondi. Fattori comunque sottovalutati dai Clinton. Perché? Tutti, giornalisti compresi, ritenevano semplicemente inevitabile la vittoria di Hillary. Perciò, tutti, non hanno dato peso ai segnali che già da novembre indicavano che il risultato potesse essere diverso. Già allora il consenso e la simpatia popolare su cui poteva contare Obama erano evidenti, soprattutto nella sua capacità di stare al passo della rivale nell'importantissima voce dei finanziamenti alla campagna elettorale. Senza tra l'altro poter contare sulla spinta del marchio “Clinton”. Segnali ignorati, tanto il risultato non pareva in discussione. Appunto.
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