Un anno fa veinva eletto alla Presidenza della Repubblica. Da allora l’Eliseo cambia strategia. E stile
È tempo di bilancio, in Francia. La Presidenza Sarkozy si accinge a celebrare il primo anniversario, e che sia un appuntamento cruciale lo si capisce dal numero di copertine dedicate all'iperpresidente. A quanto pare, Sarkozy fa vendere. La stampa seria come quella scandalistica, le riviste di destra come quelle di rivista non si lasciano scappare un'occasione così ghiotta, per fare il punto questi primi, tormentati, iper-mediatizzati dodici mesi di rottura repubblicana.
Si moltiplicano le pubblicazioni, a cominciare dagli instant-book. E ce n'è per tutti i gusti, per i palati più raffinati, come per i gossippari più accaniti. Ma tra tutte le copertine, ce né una che colpisce particolarmente: è il dossier speciale che Le Canard enchaîné, la rivista satirica specializzata nello scovare gli scheletri nell'armadio dei potenti della Repubblica, dedica al detestato Presidente. Sarkozy è ritratto a tutta pagina, porta gli ormai mitici Ray Ban a specchio sui quali sono impresse le immagini di una yacht e di un jet privato. Sotto il titolo “Le président Fric-Frime”, un occhiello recita: Sarko et l'argent, “c'est du seriux!”
Nelle 80 e passa pagine del dossier si racconta l'amore di Sarkozy per il denaro, i rapporti di amicizia coltivati con i potenti dell'economia e della finanza francese – dal Presidente delle Generali, Antoine Brnheim, al re dell'editoria Martin Buygues, dall'ambiguo ed onnipresente finanziere Alan Minc, al patron della griffe Louis Vuitton, Bernard Arnaul, passando per Bernard Tapie e Vincent Bollore, l'imprenditore bretone, divenuto famoso per aver offerto al Presidente le paparazzatissime vacanze a bordo del suo yacht e del suo jet personali.
Il ritratto che Le Canard fa del Capo dello Stato non è certo tra i più lusinghieri. Sarkozy viene dipinto come un volgare parvenu, che si dagli esordi in politica non ha fatto che coltivare l'amicizia delle più ricche famiglie dell'imprenditoria francese, ottenendone il sostegno economico necessario alla sua folgorante carriera politica in cambio, naturalmente, dei favori che dapprima come Sindaco di Neully, quindi come Ministro delle Finanze e del'Interno e poi, da Presidente della Repubblica non ha mai mancato di elargire. Molti dei nomi su elencati, ad esempio, figurano tra i benemeriti che il Presidente ha insignifito della più alta onoreficienza della Repubblica, la Legione d'Onore.
Solo illazioni, si dirà. In fondo, già in passato si è tentato di gettare su Sarkozy l'ombra della corruzione, senza ricavarne mai nulla di compromettente. Perché se c'è una dote che a Sarkozy non manca, è proprio la furbizia. E mai passerebbe per la mente dell'emigrato ungherese venuto dal nulla – come lui stesso ama raccontarsi – di commettere le imprudenze commesse da Chirac o Giscard D'Estaing, finiti nel mirino della magistratura per aver accumulato illegalmente ricchezze durante l'esercizio delle rispettive funzioni istituzionali.
Ma una cosa è lo stile, nel caso di Sarko quanto meno eccentrico, altra cosa è la sostanza. Ed a proposito di sostanza, sono in pochi a mettere in dubbio le doti politiche del giovane Presidente.
Non è facile, tuttavia, esprimere un giudizio “imparziale” sul primo anno trascorso all'Eliseo. Pesa infatti su Sarkozy una specie di “sindrome Berlusconi”, una sorta di ossessione per questo Presidente bling-bling, dalle maniere spiccie e dal linguaggio diretto – mitico ormai il suo “Sta zitto, coglione”, con cui al Salone dell'Agricoltura ha apostrofato un visitatore che gli lanciava delle critiche piuttosto esplicite - da nuveau riche, appunto, volgare e tracotante, che gli vale spesso il paragone con il nostro Silvio Berlusconi, un personaggio che in Francia non gode esattamente della massima stima.
A Sarkozy piace la bella vita, i Rolex e l'abbigliamento griffato, agli intello preferisce i banchieri d'affari, al gusto discreto di un Mitterand, un'opulenza un po' dozzinale, alla riservatezza dei suoi predecessori, un'ostentazione della vita privata che lo fa assomigliare più ad una star hollywoodiana che ad un capo di stato – paternalista e oculato - in cui i francesi amano riconoscersi.
A questo si aggiunga l'iper-attivismo del Presidente, il suo tentativo, incessante, di rompere con tutto - dalla laicità alle pensioni, dalla tv agli Ogm, dalla Nato all'Europa - ed ogni volta esponendosi lui, in prima persona, spesso contro il suo stesso governo e il suo stesso partito.
Si aggiunga, poi, che tutto questo agitarsi, questo spingere sempre più l'acceleratore delle riforme ha finito con il provocare uno stress sul sistema economico-sociale che, alla fine, si è come impallato.
Sin dall'inizio, Sarkozy ha messo in cantiere una quantità di riforme che nessuno dei sui predecessori aveva mai osato proporre. Ma di queste, solo un paio hanno avuto la chance di essere realizzate, e non esattamente con la radicalità promessa in campagna elettorale. Secondo Le Point, tra le riforme promesse, quelle effettivamente già realizzate sarebbero solo il pacchetto fiscale, i diritti di successione, la legge contro i recidivi e, per quanto riguarda la politica estera, l'approvazione del trattato di Lisbona. Ancora in corso d'opera, la riforma sui regimi pensionistici speciali, la sanità, le organizzazioni sindacali, lo statuto dei disoccupati, l'occupazione dei seniores, l'insegnamento, la concorrenza nella grande distribuzione…
Tuttavia, precisa l'autorevole settimanale della destra liberale (una fonte, dunque, affatto ostile al Presidente), le riforme approvate o in fase di approvazione risultano piuttosto depotenziate della carica rivoluzionaria promessa in campagna elettorale. Non c'è dossier sul quale Sarkozy non abbia dovuto arretrare – si legge sull'hebdomandaire che, al primo anniversario della Presidenza Sarkozy, ha dedicato un numero speciale - avendo incontrato l'ostilità degli stakeholder politici e istituzionali – ovvero la piazza, le corporazioni ma anche il suo stesso partito – che lo ha costretto a negoziare, sino al punto a volte da farlo risultare perdente.
Non solo: tra Eliseo e Matignon, Presidenza della Repubblica e Governo, le opinioni non sempre convergono, non solo sugli obbiettivi, ma anche sui metodi per raggiungerli. Non è certo un mistero che tra Sarkozy ed il Capo del Governo, François Fillon, i rapporti siano tesi al punto da darsi ormai per scontata una imminente sostituzione che, si dice, avverrà non prima dei primi mesi del 2009, ovvero alla conclusione del semestre di presidenza francese dell'Unione europea. Si fanno, anzi, già i nomi dei possibili successori di Fillon e, tra questi, il favorito ad oggi è l'attuale Ministro del Lavoro, il fedelissimo Xavier Bertrand, che Sarkozy ha già scelto di affiancare al villepenista Devedjian alla segreteria dell'Ump.
Il problema tra Sarko e Fillon, oltre che politico, è personale: i due si sono sempre cordialmente detestati, e Sarko non ha mai fatto mistero di considerare Fillon un debole, accusandolo pubblicamente di non fare abbastanza, o con abbastanza determinazione, per portare avanti le riforme sulle quali si è impegnato durante la campagna elettorale.
Ma anche al Presidente deve essere imputata una certa imperizia nel suo rapporto con il governo: non ha mancato occasione, ad esempio, di smentire i suoi ministri, di insultarli pubblicamente persino dandogli del “con”, del pirla, insomma. E questo non ha certo giovato allo “spirito di squadra”! Dopo la sconfitta alle municipali, ed il mini-rimpasto che ne è conseguito, le cose non sono andate meglio.
Il caso Ogm è, al riguardo esplicativo. Il governo ha presentato un disegno di legge per la legalizzazione degli organismi geneticamente modificati, banditi sino ad ora dal territorio francese. Fortemente contrari al provvedimento, non solo i partiti di opposizione, ma anche una frangia “ambientalista” dello stesso Ump, tra cui la sottosegretaria all'ambiente, Nathalie Kosciusko-Morizet che, in un'intervista a Le Monde, rilasciata proprio durante la discussione in aula, ha denunciato le pressioni esercitate sui membri del suo stesso partito da parte delle multinazionali americane. Non solo, la NKM si è spinta a definire “venduti” alcuni esponenti del governo, tra cui il titolare del suo stesso dicastero, il Ministro Louis Borloo, e il capo-gruppo dell'Ump, Jean-François Copé. La cosa ha creato uno scompiglio pazzesco. Richiamata all'ordine dal Capo del governo, la Kosciusko-Morizet è stata costretta a scusarsi pubblicamente. Tuttavia, proprio mentre il controverso provvedimento veniva approvato, un sondaggio dimostrava come un'amplissima maggioranza di cittadini francesi fosse assolutamente contraria agli Ogm. Smentendo Fillon, allora, Sarkozy si pronuncia in sostegno della sottosegretaria ribelle, ovvero contro una legge voluta dal suo stesso governo.
Ora, la vicenda non è certo apparsa edificante per l'immagine dell'esecutivo. Ed ancor meno per l'Ump, il partito del Presidente, che si è dimostrato ancora una volta spaccato, tra sarkozisti e chiracchian-villepenisti e, soprattutto, privo di una piattaforma politica coerente e condivisa. La strategia del “divide et impera”, sin qui messa in atto da Sarko non sembra aver fruttato granché, ed a poco è valso anche il richiamo all'ordine compiuto pochi giorni prima, dall'esecutivo del partito, contro quanti, alle ultime municipali, avevano deciso, di presentare liste indipendenti, ovvero di correre contro i candidati ufficiali scelti dal partito. Emblematica, al riguardo, la defezione dei capifila dell'Ump a Neully – il ricchissimo comune alle porte della Capitale, feudo politico di Sarko – dove il Presidente aveva imposto la candidayura dell'allora portavoce dell'Eliseo, David Martinon, che la base invece ha rifiutato, costringendo Sarkozy ad un'umiliante retromarcia. (A proposito, Martinon – intimo dell'ex moglie del Presidente, Cecilia – è stato defenestrato anche dall'entourage presidenziale: gli è stato assegnato un esilio dorato, negli Usa, come rappresentante della diplomazia francese).
Insomma, il problema è che l'opinione pubblica si è fatta l'idea che non vi sia una regia coerente nell'azione di governo. Le continue marce indietro di Sarkozy – sul rapporto Attali, gli Ogm, le famiglie numerose, i metalmeccanici della Mittal – hanno diffuso l'idea che il Presidente sia incapace di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. E questo, più ancora che la mediatizzazione delle sue vicende familiari, ha creato il disincanto in quelle fasce della popolazione che lo avevano sostenuto con entusiasmo alla Presidenza della Repubblica.
Il problema, dunque, non è di forma – come si era voluto sostenere, alla vigilia delle municipali, di fronte al progressivo calo di popolarità di Sarkozy – ma di sostanza. “Durante la campagna elettorale – osserva Julien Dray, portavoce del Partito Socialista – Sarkozy ha dato l'idea di essere ben preparato. In seguito, nelle prime settimane del quinquennato, ha dato l'impressione di svolgere una trama ben scritta. Poi, invece, ha dimostrato esitazioni ed incoerenze (…) dando l'idea di non sapere più dove voler arrivare.”
C'è, tuttavia, chi invita alla cautela. Secondo il senatore socialista Michel Charasse, ad esempio, “è ancora troppo presto per giudicare”. Diamogli tempo, insomma, e vediamo di cosa è davvero capace Nicolas Sarkozy.
L'interessato, tuttavia, non condivide affatto i giudizi temperati, quando non critici, ce gli vengono rivolti. In un'intervista a Le Point, Sarkozy, al contrario, rivendica di essere il primo Presidente ad essere riuscito ad applicare il programma nel primo anno : "sono persino riuscito a realizzare la riforma dei porti" - ironizza; e insiste: "non ho dovuto ritirare alcun testo e non sono stato messo di fronte a nessuno scandalo". A sentir lui, insomma, le cose vanno assai meglio di quanto la stampa non lasci intendere. La disoccupazione? Mai stata così bassa. L'economia? Ci sono segni visibili di ripresa, "grazie alla legge Tepa, che tutti mi hanno rinfacciato". Persino su Fillon, Sarkozy smentisce i dissapori: "L'ho nominato io - dichiara - se pensassi che le cose tra noi non andassero più, ne chiederei le dimissioni." Insomma, pur riconoscendo che "la realtà non è tutta rose e fiori", per Sarkozy "finalmente governare è più facile di quanto potessi pensare."
Sarà, ma mentre sulla politica estera il Presidente ha dato prova di coerenza e determinazione, rispettando non solo gli impegni assunti in campagna elettorale, ma facendo delle scelte che hanno trovato d'accordo anche i socialisti, come nel caso del rilancio della Ue ed il progetto per l'Unione mediterranea, sulla politica economica e sociale, non è ancora chiaro quale sia la strategia del Capo dello Stato. Inoltre, osserva l'ex ministro dell'istruzione, il socialista Claude Allègre – uno dei papabili per un'eventuale seconda tranche dell'ouverture cara a Sarko – il Presidente “ha sottovalutato la straordinaria lentezza del nostro meccanismo istituzionale e finanziario. È come un Ayrton Senna a bordo di un trattore”. Questo – osserva Allègre – crea uno iato tra il suo iper-attivismo e la difficoltà a raggiungere risultati concreti.
Oltre che lo stile poco presidenziale, a Sarkozy viene contestata dunque la strategia della sua Presidenza.
L'apertuea agli esponenti della sinistra riformatrice, come il Ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, ad esempio, non è stata sin qui sufficientemente capitalizzata, mentre ha alimentato sempre più i dissapori dell'Ump, finendo col creare un “tutti contro tutti” e, soprattutto, un “tutti contro il Presidente”.
Il compito di Sarkozy, oggi, è dunque innanzitutto quello di ricostruirsi un profilo ed una credibilità che, durante la campagna elettorale non aveva mancato di convincere, non solo la destra, ma anche le tradizionali basi elettorali della sinistra, come la “classe operaia”, alla quale Sarko aveva promesso un'attenzione inedita per un liberale assai vicino, come lui, al potere padronale. In secondo luogo, è necessario per la Presidenza pianificare una strategia di governo meno “strillata” ma più efficace e concertata con i membri dell'esecutivo.
In parte, il Capo dello Stato questo sembra averlo già compreso. Non è un caso, infatti, che nelle ultime settimane, in particolare dopo le municipali, Sarkozy abbia cominciato ad intervenire meno e lasciare piuttosto a Fillon la responsabilità di spiegare all'opinione pubblica le scelte operate dal governo, soprattutto quelle meno popolari, come la riforma della carta per le famiglie numerose che, nei fatti, si tradurrà in un taglio sostanziale alle spese detraibili.
Resta un fatto: Sarkozy è una personalità estrema che cattura l'attenzione dei media come nessun altro Presidente della storia repubblicana. In tal senso, Sarko è un esempio di “democrazia in diretta”, più che di “democrazia diretta”, ovvero di quella spettacolarizzazione della politica contemporanea mutuata dagli Stati Uniti, di cui, non a caso, Sarkozy è grande ammiratore. Resta da capire quanto i francesi apprezzino questo sensibile cambiamento della prassi presidenziale. A giudicare dal disagio suscitato dalla gestione pubblica degli affari personali – il divorzio da Cecilia, il matrimonio con Carla – sembra invero che i francesi siano più tradizionalisti di quanto lo stesso presidente modernizzatore potesse ritenere.
Sarkozy pare cominciare a rendersene conto. Così come sembra cominciare ad andarci cauto con la storia della “destra decomplessata”, in particolare per quanto riguarda l'ostentazione della ricchezza. Le sue vacanze a bordo di yacht faraonici o i viaggi privati sugli aerei personali dei ricchi amici imprenditori sono suonati piuttosto offensivi per una Francia che affronta le difficoltà della crisi finanziaria e di un'economia nazionale che stenta a riprendersi. In fondo è lo stesso Sarkozy che, imprudentemente, ha ammonito i francesi che tante delle cose promesse in campagna elettorale potrebbero non essere realizzate poiché le “casse sono vuote”. Una ben triste constatazione per un uomo che si è fatto eleggere promettendo di razionalizzare la spesa pubblica, ma non per questo diminuirla. Ora, se si chiedono sacrifici ai cittadini, è legittimo attendersi che sia il Presidente il primo a dare l'esempio.
Sarkozy aveva promesso che sarebbe stato il Presidente del “potere d'acquisto”. Certo, nessuno avrebbe potuto attendersi una congiuntura economica così sfavorevole. Ma se è pensabile che il contesto possa far accettare una revisione al ribasso delle aspettative degli elettori, sarebbe stupido illudersi di poter attribuire gli eventuali fallimenti della Presidenza, alla fine dei cinque anni, alle cause di forza maggiore indipendenti dalla volontà dell'Eliseo. Questo farebbe di Sarkozy quanto meno un pagliaccio, se non addirittura un bugiardo.
Insomma, spetta a Sarkozy il compito di non passare alla storia come il guignol della V Repubblica ma piuttosto come il Presidente capace di realizzare quelle riforme tentate, ma mai realizzate, dai suoi predecessori, quelle riforme che la Francia non può più permettersi di rinviare.