A dieci anni dalla direttiva di liberalizzazione, il mercato europeo del gas è rimasto segmentato
Michele Grillo, nelMerito.comE' stato definito un "compromesso" l'accordo in sede UE sull'assetto delle reti del gas e dell'elettricità. In realtà, è solo l'onore delle armi a una cittadella che ha capitolato. Molti Stati non avevano mai nascosto la propria opposizione al progetto della Commissione di separare la proprietà delle reti. I grandi operatori hanno anche evitato il debole ripiego della separazione societaria e potranno mantenere una struttura verticalmente integrata. Dovranno sì affidare la gestione della rete a un
Independent Trasmission Operator, con poteri sulle decisioni di investimento e sulle scelte finanziarie. Ma non è chiaro cosa potrà voler dire autonomia decisionale sugli investimenti in un assetto proprietario integrato, a parte l'aggiunta di una nuova categoria di separazione alla fantasia dell'architettura di regolazione europea.
Il nodo cruciale della vicenda per l'intera Europa è il gas. A dieci anni dalla direttiva di liberalizzazione, il mercato europeo del gas è rimasto segmentato. Per capirne le ragioni, occorre partire dal nodo nevralgico del settore, su cui insistono non solo gli operatori, ma anche gli analisti: la
sicurezza degli approvvigionamenti(1). L'offerta di gas è concentrata in pochi paesi produttori che la utilizzano come arma di pressione politica: il 50% delle riserve mondiali è controllato da Russia e Iran; Russia e Algeria coprono il 70% delle importazioni e il 50% dei consumi dell'area UE (oltre che la quasi totalità delle importazioni dell'Italia) e hanno stretto un "patto di ferro" con l'accordo Gazprom-Sonatrach. Per la sicurezza degli approvvigionamenti, due condizioni sono viste come necessarie: non indebolire il potere contrattuale dei grandi operatori nazionali che sono interlocutori storici dei paesi produttori; mantenere un contesto favorevole a vasti programmi di investimento nelle infrastrutture di trasporto e di stoccaggio, per assicurare flessibilità alle forniture internazionali. Il convincimento diffuso è che entrambe le condizioni siano legate all'integrazione verticale della rete. Così il tema della sicurezza aveva condizionato la direttiva europea del 1998 e i provvedimenti di attuazione nei singoli Paesi: mentre si regolavano i comportamenti per garantire parità di accesso alla rete, si lasciavano inalterate le condizioni strutturali del mercato e, in particolare, il controllo delle reti da parte degli ex monopolisti, per non indebolirne il potere contrattuale a monte.
Tuttavia l'integrazione verticale delle reti è anche la causa della frammentazione nazionale del mercato europeo del gas. Da un lato, in ciascun paese, i nuovi concorrenti sono stati "rivenditori" che acquistavano il gas dai grandi operatori storici ("Da domani saremo tutti liberi di acquistare il gas da ENI" fu l'immediato commento al decreto Letta da parte dell'a.d. di Enel). Dall'altro, in contrasto con le esigenze di sicurezza nell'approvvigionamento, gli operatori integrati hanno condizionato gli investimenti in infrastrutture al mantenimento della segmentazione e quindi del proprio potere di mercato; frenando, in particolare, lo sviluppo di infrastrutture necessarie alla diversificazione delle fonti, per il timore che ciò avvenisse da parte di soggetti fuori dal proprio controllo
(2). Dietro gli orientamenti della Commissione per la separazione proprietaria della rete c'era anche la volontà di rimediare a quell'insuccesso.
Difficilmente il "compromesso" dei giorni scorsi modificherà questo stato di cose. Il contrasto tra la sicurezza degli approvvigionamenti e la realizzazione di un mercato europeo unico appare di difficile composizione; e non pochi sforzi di fantasia sono necessari per attendersi da un
Independent Trasmission Operator, all'interno di una stessa struttura proprietaria, una modifica dei criteri che hanno finora orientato le decisioni infrastrutturali.
Una società di rete europea?
Commentando la recente acquisizione di Distrigaz, l'a.d. di ENI ha auspicato la creazione di una società europea unica per le reti del gas. L'auspicio è stato ripreso dal presidente dell'Autorità antitrust italiana, Catricalà, come possibile presupposto di una vera politica europea del gas. Non ci sono stati commenti da parte di Bruxelles per questa proposta che, ad oggi, è poco più di una provocazione dai contorni operativi tutti da definire. Ma l'idea non è peregrina e, anche per il rilievo di un
player come ENI nello scacchiere europeo, il governo italiano potrebbe farne la base per rilanciare il confronto politico a Bruxelles sul tema dell'integrazione del mercato. E' vero che, nelle intenzioni di Scaroni, l'auspicio è ad evidenza per una società europea di rete posseduta e gestita in comune dai grandi operatori nazionali. Ma il presidente dell'AGCM ha ripreso la proposta in termini diversi, cioè rilanciando la separazione verticale delle infrastrutture nel diverso assetto. In effetti, con una società europea delle reti, le odierne perplessità verso la separazione verticale si porrebbero in modo differente, anche perché il contrasto tra sicurezza delle forniture ed integrazione del mercato in Europa si attenuerebbe sensibilmente. Da un lato, il progetto di una rete europea ha senso solo a condizioni che non ne facciano un facile strumento di coordinamento collusivo tra i grandi operatori nazionali; perché, se questo fosse l'esito, difficilmente ci sarebbe un incentivo per i vasti programmi di investimento nelle infrastrutture di trasporto e di stoccaggio che tutti continuano a ritenere necessari per risolvere il nodo della sicurezza degli approvvigionamenti. Invece, una rete europea indipendente offrirebbe un contesto favorevole a tali investimenti. Ma, soprattutto, in una prospettiva europea integrata, potrebbe perdere vigore lo stesso argomento secondo cui il potere di mercato a valle dei grandi operatori nazionali è condizione necessaria per tutelarne il potere contrattuale a monte. Un adeguato disegno istituzionale di una rete integrata orizzontalmente, ma separata verticalmente, potrebbe anzi farne uno strumento per rafforzare il potere contrattuale di approvvigionatori che, nei mercati mondiali, si muoverebbero all'interno di un unico "sistema europeo".
1) Si veda, per esempio, Alberto Clò, "I nuovi termini della sicurezza energetica tra Stato e Mercato", in Economia e Politica Industriale, n. 3, 2007, pp.105-121. 2) In Italia, si ricordano le resistenze di ENI a scelte di regolazione orientate ad adeguare le infrastrutture a un contesto di mercato più concorrenziale; come quando sono stati ventilati timori di un rischio di "eccesso di offerta" nel caso di condizioni infrastrutturali più favorevoli all'ingresso di nuovi concorrenti.