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UN PIANO MARSHALL PER LA PALESTINA

La visita a Gerusalemme del ministro degli Esteri, Franco Frattini, mira al rilancio ed alla ridefinizione del ruolo dell’Italia nello scacchiere mediorientale

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Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in Medio Oriente per incontri bilaterali con i principali leader della regione. Lo ha riferito il portavoce della Farnesina, Pasquale Ferrara. Durante il primo giorno del tour, Frattini incontrerà il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente Shimon Peres per poi fare visita allo  Yad Vashem, il museo dell'olocausto di Gerusalemme. In seguito il titolare della Farnesina si consulterà con il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, e terrà dei colloqui con i principali leader dell'opposizione tra cui Benjamin Netanyahu, ex premier e leader del Likud. Frattini si recherà poi a Ramallah, in Cisgiordania, per incontrare la delegazione palestinese che si occupa dei negoziati di pace e il primo ministro di Fatah, Salam Fayyad. Salterà invece l'incontro bilaterale con il presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas per problemi d'agenda.

I colloqui scandaglieranno gli sviluppi della situazione nell'area, tra cui i negoziati a porte chiuse fra Abbas ed Olmert che stanno proseguendo verso un accordo globale, la tenuta della tregua stipulata a Gaza con Hamas e i contatti tra Israele e Siria (ed Israele e Libano) per la ridefinizione dei confini. Il viaggio sarà un'occasione istituzionale per ribadire con chiarezza la posizione italiana rispetto alla questione palestinese: “L'Italia sostiene con forza il ruolo costituzionale dell'autorità palestinese (controllata da Fatah) e auspica che si possano presentare le condizioni per la riapertura dei valichi, dai quali dipende la qualità della vita visto il passaggio di beni e approvvigionamenti” dichiara Ferrara. Il portavoce della Farnesina conferma inoltre la grande attenzione con cui  l'Italia, l'Unione europea e la comunità internazionale monitorano la situazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hezbollah ed Hamas. D'estrema attualità il caso del soldato Gilad Shalit , rapito due anni fa dai miliziani di Hamas.

La visita del ministro italiano  mira a rinnovare il tradizionale impegno del nostro Paese sul fronte mediorientale.  L'
Italia offre il  suo impegno nella ricerca di possibilità operative affinché Israele si avvicini al regolamento di situazioni sospese come quelle dei territori contestati, del negoziato col Libano e di un serio rilancio economico dei Territori. Sotto quest'utimo profilo, la Farnesina auspica un vero e proprio piano Marshall per la rinascita economica e produttiva della Palestina e guarda con fiducia alla nascita dell'Unione Mediterranea come framework ideale per favorire il dialogo tra le parti. Peraltro, la due giorni mediorientale del capo delle diplomazia italiana ha luogo in una fase particolarmente delicata e rischiosa per la tenuta della fragile tregua recentemente proclamata nei Territori. Il fatto che Hamas abbia definito l'attentato dei giorni scorsi a Gerusalemme “una logica conseguenza delle operazioni di Israele contro il popolo palestinese”, conferma che il gruppo islamista fatica a raggiungere la maturità necessaria per diventare una forza di governo  affidabile e responsabile. “Non può essere un interlocutore”, afferma Frattini in una intervista al quotidiano La Stampa.

“Hamas va combattuta, ma politicamente senza Hamas non si fa nulla”
, sosteneva tempo fa Massimo D'Alema, il predecessore di Frattini alla Farnesina. Il ministro dissente: “Politicamente dobbiamo dimostrare di fare tutto senza Hamas. Vi possono essere accordi operativi limitati e temporanei, ed è compito dell'intelligence regolarli, ma l'attentato dimostra che Hamas non è in grado di controllare le azioni terroristiche. É facile dire non siamo stati noi, è molto difficile dire non ne sappiamo niente.” Del resto, le recenti mosse della diramazione palestinese dei Fratelli Musulmani non lasciano molti dubbi. Al momento, rimane valida l'impressione di quegli osservatori che salutarono con preoccupazione la vittoria di Hamas alle legislative palestinesi del gennaio 2006. Dopo gli accordi di La Mecca e la formazione del governo di unità nazionale, lo scorso anno, si era diffusa la speranza che Hamas, organizzazione fondata durante la Prima Intifada dallo sceicco Yassin con lo scopo dichiarato di distruggere Israele, potesse trasformarsi in un vero e proprio partner negoziale impegnato a raggiungere una soluzione pacifica della vertenza israelo-palestinese. L'inasprirsi delle tensioni tra Hamas, Fatah ed Israele e, soprattutto, il colpo di Gaza messo a segno nel giugno 2007 dall'organizzazione islamista hanno spazzato via tutte le illusioni, riportando indietro di anni il complessivo processo negoziale che dovrebbe portare alla nascita di uno Stato palestinese.

Nelle sue ultime dichiarazioni, il leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshal, si dimostra possibilista, non esclude, in linea di principio, la pace con Israele e apre al dialogo con Abbas. A Roma, tuttavia, l'atteggiamento nei confronti di Hamas è cambiato negli ultimi mesi e lo scetticismo domina. Frattini non sembra credere ai buoni propositi di Hamas e sfida Meshal ed Ismail Haniyeh, che guida l'organizzazione a Gaza: “Voglio vedere queste parole tradotte nei fatti. Non credo che Abbas debba fidarsi di una cambiale in bianco. Anche quando si parlò di elezioni nei Territori si salutò un momento di grande democrazia. Poi ci siamo accorti che si era innescata una spirale molto pericolosa.”

La disillusione verso gli interlocutori di Damasco e Gaza non cancella i motivi di cauto ottimismo che accompagnano la visita mediorientale del ministro. Spiega Frattini : “
Tutti hanno capito che il tempo lavora contro la pace, nel senso che con le elezioni in Usa la finestra di opportunità si chiuderà perchè il nuovo presidente americano avrà bisogno di tempo per rimettere mano al dossier. Le ragioni di un prudente ottimismo nascono anche di qui. Tutti si rendono conto che Israele è pronta ad accettare un quadro concordato con la comunità internazionale, non più solo con gli Usa: l'inizio del negoziato con la Siria è avvenuto all'insaputa o quasi degli americani. Abbiamo capito che Israele vuole la pace: che lo capisca anche chi contrasta Israele è un dato positivo».

"Per salvare l'Europa dobbiamo portarla vicino ai cittadini"








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